L’impegno di Enel nella chiusura degli impianti a carbone al 2025

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centrale energetica civitavecchia

ROMA – Il “punto di fondo” della decarbonizzazione del sistema energetico italiano “è la chiusura delle centrali a carbone. Ce ne sono ancora cinque, quattro sono nostre. Noi siamo molto impegnati a rispettare l’obiettivo del 2025, che sarà un po’ lo spartiacque sia come anno che come immagine per il sistema Paese. Poter abbandonare completamente e definitivamente la produzione a carbone riteniamo che possa essere veramente il cambio di passo che ci siamo prefissati e che stiamo perseguendo con il supporto di tutte le istituzione, del governo, del Parlamento, di Terna e dell’Autorità”. Il direttore Italia di Enel, Carlo Tamburi, lo dice in un’audizione alla commissione Esteri della Camera, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sull’azione internazionale dell’Italia per l’attuazione dell’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

Lo smantellamento delle centrali a carbone resta “il punto centrale della nostra strategia” di decarbonizzazione, spiega Tamburi, le centrali verranno sostituite da “impianti ibridi, avranno rinnovabili, avranno batterie, e in parte marginale, minimale, produzione a gas che deve essere il ‘tappo’ finale per garantire l’adeguatezza sistema e del quale non si può fare a meno”. Per quel che riguarda la “rifocalizzazione del parco di generazione con la chiusura degli impianti” a carbone “al 2025”, spiega il direttore Italia di Enel, Carlo Tamburi, rispondendo alle domande nel corso della sua audizione alla commissione Esteri della Camera, la chiusura degli impianti è “il punto centrale della nostra strategia”.

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Le centrali a carbone Enel in Italia sono a La Spezia, Fusina (a Marghera, Venezia), Civitavecchia, Brindisi e nel Sulcis, in Sardegna. “Abbiamo già ottenuto, qualche settimana fa, la chiusura di uno dei tre gruppi di Brindisi, dal primo gennaio uno dei tre gruppi è chiuso- spiega Tamburi- Abbiamo già avuto l’autorizzazione per chiudere Fusina, due piccole unità già quest’anno, quindi in anticipo rispetto al 2025. E poi stiamo discutendo per La Spezia con le autorità. Civitavecchia sarà forse un po’ più avanti”.

Il caso del Sulcis è “relativamente diverso, separato- spiega il direttore Italia di Enel- perché recentemente si è ripreso lo sviluppo del distretto dell’alluminio, con degli accordi con il ministero dello Sviluppo economico e Invitalia per far riaprire la produzione di Alcoa e Eurallumina. Quindi c’è necessità di una produzione elettrica in loco. La Sardegna come noto non è metanizzata, non c’è gas”, di conseguenza “la sostituzione di quell’impianto a carbone deve essere integrata nella strategia di politica industriale della Regione”.

Le centrali a carbone “dovranno essere sostituite da impianti molto più piccoli, molto più efficienti, che quindi funzioneranno meglio e funzioneranno meno, a gas- spiega Tamburi- Saranno piccoli impianti a ciclo aperto che possono essere anche trasformati in cicli combinati, in funzione di quanto sullo stesso territorio, quindi sugli stessi nodi di rete, ci sarà la penetrazione delle rinnovabili, e su questo stiamo facendo il nostro iter autorizzativi con gli enti preposti”.

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