Mangiare pasta scaduta: cosa succede al nostro corpo e quando si può fare
Ecco cosa sapere quando abbiamo in dispensa una confezione di pasta scaduta, e entro quanti giorni consumare la pasta già cotta
Può capitare di aver dimenticato una confezione di pasta nella credenza e di averla lasciata scadere. È saggio consumarla o sarebbe meglio buttarla per non correre rischi? La pasta secca, se conservata in modo corretto (ovvero al riparo da luce e fonti di calore, in un ambiente secco e asciutto, possibilmente in una confezione ancora integra) può essere consumata anche oltre la data di scadenza indicata sulla confezione, che di solito si aggira attorno ai due anni dal confezionamento. Si tratta di un alimento secco che si consuma previa cottura, quindi mangiarla oltre la data di scadenza non arreca alcun tipo di danno alla salute. Ecco cosa dice in merito il Ministero della Salute:
“Da consumarsi preferibilmente entro…” indica per quanto tempo l’alimento può essere consumato senza alcun rischio. Si usa per gli alimenti che possono essere conservati più a lungo (come i cereali, il riso, le spezie). Non è pericoloso consumare un prodotto dopo tale data, ma l’alimento in questione può aver perso alcune proprietà organolettiche, come sapore e consistenza.
La pasta secca scaduta si può consumare anche fino a qualche mese dopo la scadenza riportata sulla confezione: la cottura eliminerà eventuali batteri e renderà il prodotto sicuro per il consumo – al massimo, la nostra pasta potrà avere un leggero retrogusto stantio. Ovviamente, se avvertiamo la presenza di insettini e parassiti nella confezione, meglio buttare la pasta nella pattumiera. Diverso, invece, è il discorso da farsi per la pasta fresca, che deve essere tassativamente consumata entro la data riportata sulla confezione, anche se è stata conservata in modo corretto e non presenta macchie o odori sospetti: rischieremmo un’intossicazione, con nausea e diarrea.
Per evitare il rischio di dover consumare del prodotto scaduto, è buona norma tenere presente la regola del prima dentro/prima fuori: meglio consumare per primi i prodotti che abbiamo già acquistato e solo dopo aprire confezioni nuove (vale per la pasta, ma in generale per tutti gli alimenti del frigo o della credenza). In questo modo eviteremo sprechi e mangeremo sempre il cibo entro i tempi corretti.
E la pasta già cotta?
Conservare la pasta già cotta può essere un modo per non buttare un piatto di pasta avanzato e mangiarlo magari nei giorni successivi, per evitare sprechi. Ma fino a quando è possibile conservare questo alimento già cotto, e qual è il modo migliore per farlo? Possiamo conservare la nostra pasta già cotta e condita in contenitori ermetici di vetro o di plastica, impacchettandola al massimo due ore dopo la preparazione (ma attendendo comunque che si sia raffreddata, per evitare che l’umidita della pasta permetta la proliferazione di germi e batteri); in alternativa, possiamo utilizzare dei sacchetti gelo per alimenti, chiusi con un laccetto di metallo. Possiamo mangiare la pasta così conservata fino ad un massimo di cinque giorni dopo la cottura.
Se vogliamo conservare la pasta cotta per un periodo di tempo più lungo, non ci resta che congelarla. Il procedimento di conservazione è lo stesso utilizzato per la conservazione in frigo: attendiamo che la pasta si sia ben raffreddata, confezioniamola in contenitori ermetici o sacchetti e poi congeliamola. In questo caso, la pasta si conserva fino a tre mesi (anche se è meglio consumarla entro i due mesi, per una maggiore freschezza del prodotto). Per scongelare il prodotto, possiamo lasciare il contenitore per alcune ore in frigorifero, in modo che lo shock termico non sia eccessivo, oppure scaldare la pasta appena tolta dal freezer, in forno oppure in una padella con un filo d’olio.
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Fonte: Fondazione Veronesi / Ministero della Salute
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