MotoGP, il ritorno di Marc Marquez a 9 mesi dall’incidente
Quando domenica si spegnerà il semaforo e a Portimao partirà il Gran Premio del Portogallo, saranno passati esattamente 273 giorni dall'ultima volta. L'ultima volta che Marc Marquez ha preso parte a una gara. Il nastro va riavvolto per tornare al 19 luglio 2020, quando a tre giri dalla fine del gran premio di Spagna a Jerez abbiamo visto il campione spagnolo disarcionato dalla sua Honda (il cosiddetto highside) e rimbalzare come una pallina fuori controllo nella sabbia della via di fuga. Il responso fu «rottura dell'omero del braccio destro», infortunio serio ma non tanto da far immaginare il calvario cui è andato incontro Marquez nei nove mesi successivi.
Colpa della fretta, ma anche della colpevole leggerezza con cui è stato mandato allo sbaraglio, con i medici che 48 ore dopo averlo operato gli davano l'ok per tornare in pista tre giorni più tardi nella seconda gara a Jerez. Una follia pagata a carissimo prezzo, perché non solo Marquez dopo le prove libere ha alzato bandiera bianca, ma da lì sono iniziati i guai veri. Operato di nuovo a inizio agosto per la sostituzione della placca inserita nel primo intervento (danneggiata, si disse, per averla sollecitata troppo nella fretta del recupero), si è capito che la stagione 2020 era finita, anche a causa della compressione del calendario per la pandemia. Una serie di errori gravissimi, quando in momenti normali avrebbe probabilmente saltato solo una manciata di gare per poi tornare a giocarsi il titolo.
Un'altra operazione lo scorso 4 dicembre (otto ore in sala operatoria con l’inserimento di un innesto osseo) ha fatto temere addirittura per la carriera. Così non è stato, e nove mesi dopo l'otto volte campione del mondo è pronto a tornare. Sembrava potesse farlo già in Qatar, questa volta la prudenza ha avuto la meglio e ha potuto sfruttare tre settimane in più di allenamento.
Che Marquez sarà?
È il grande interrogativo che accompagna il ritorno di Marquez. Le opinioni sono diametralmente opposte: c'è chi pensa che possa ricominciare da dove aveva finito, ovvero le vittorie in serie, il dominio assoluto grazie alla sua guida grintosa ma sempre pulita, con quella straordinaria capacità di domare i cavalli della Honda come nessun altro.
Di segno opposto il parere di chi sostiene che ciò che ha vissuto negli ultimi mesi non possa non aver lasciato una cicatrice profonda, nonostante faccia parte di quella categoria di superuomini cui appartengono i motociclisti, gente capace di correre con polsi e dita fratturate, protagonisti di veri e propri miracoli medici che per chiunque altro sarebbero inimmaginabili.
Come Barry Sheene e Mick Doohan
Un esempio molto simile a quello di Marquez è quanto capitato al leggendario Mick Doohan. Una caduta ad Assen nel 1992 rischiò di costargli carissima, e solo il pronto intervento del dottor Claudio Costa impedì l'amputazione della gamba destra. Tornò due mesi dopo rischiando anche di vincere il titolo. Gli ci volle un anno per tornare al successo, ma poi non si fermò più, vincendo cinque mondiali in 500 tra il 1994 e il 1998.
Prima di lui Barry Sheene, icona inglese delle due ruote, che nelle prove del Gran Premio di Gran Bretagna del 1982 si ruppe entrambe le gambe: gli misero 27 viti nelle ossa, lo esortarono ad abbandonare le gare, ma lui tornò a correre a marzo dell’anno dopo. Non vinse più, conquistando soltanto un podio.
La MotoGP ritroverà Marc Marquez, Marc Marquez ritroverà una MotoGP ben diversa da quella che aveva lasciato. Nove mesi fa era lui il dominatore (ha vinto sei Mondiali in sette anni tra il 2013 e il 2019), da allora però è cambiato tutto. Il campione del Mondo in carica è Joan Mir, nelle prime due gare hanno vinto Vinales e Quartararo, le Yamaha ufficiali dettano legge e la sua Honda sembra sprofondata in una crisi profonda. Una moto che ritroverà il suo padrone, l'unico in grado di spremerla tirandole fuori il meglio.
Questa volta, però, non sarà soltanto una questione di polso, quello non cambia. A comandare è sempre la testa, e 273 giorni di lontananza dalle piste potrebbero aver cambiato tutto.
Resta solo una cosa da fare: montare in sella, dare gas e capire.
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