Non dobbiamo usare il gas come “carburante di transizione” per passare dal carbone alle rinnovabili. Lo studio
“C’era una volta la scusa economica”: così potrebbe iniziare una favola, non molto a lieto fine, che continua ad essere raccontata sulla necessità del gas, anche come “carburante di transizione” per passare dal carbone alle rinnovabili. Ma questa necessità semplicemente non esiste perché il costo del gas continua ad aumentare mentre crolla quello delle rinnovabili.
Il gas naturale è stato a lungo pubblicizzato come un “combustibile di transizione” per le economie che dipendono dal carbone per i loro bisogni energetici, poiché ha emissioni di anidride carbonica inferiori rispetto al carbone ma richiede infrastrutture che necessitano solo di un paio d’anni per essere costruite.
Prima che la Russia invadesse l’Ucraina, la Commissione europea ha addirittura incluso questa fonte energetica come “ponte” verso l’energia pulita per gli investimenti verdi, etichettandola come “sostenibile” (insieme al nucleare), nonostante l’opposizione di vari Paesi europei e la bocciatura da parte di un team di esperti ingaggiati da Bruxelles.
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Fermo restando che il gas non è una fonte di energia pulita anche se meno inquinante del carbone, non regge nemmeno più la questione puramente economica: secondo un’analisi di TransitionZero, i prezzi elevati del gas e il crollo dei costi delle energie rinnovabili come eolico e solare hanno invertito questa logica: il costo del passaggio dal carbone alle energie rinnovabili è infatti crollato del 99% dal 2010.
E quindi perché costruire decine di centrali elettriche a gas e carbone in tutto il mondo? Secondo l’analisi, sono previsti circa 615 GW di nuovi impianti a gas e 442 GW di nuove centrali elettriche a carbone. Senza senso né economico, né ambientale.
Nonostante alcune variazioni regionali, la nostra analisi mostra una chiara tendenza deflazionistica nel costo del passaggio dal carbone all’elettricità pulita – spiega a The Guardian Matt Gray, co-fondatore di TransitionZero – Indipendentemente dall’invasione russa dell’Ucraina, questa tendenza accelererà, offrendo ai governi un’opportunità economica per proteggere i consumatori di elettricità dalla continua volatilità dei combustibili fossili
Ma la terribile tendenza è inversa: molti Paesi, inclusa l’Italia, stanno rivedendo le loro politiche energetiche alla luce dell’invasione russa dell’Ucraina, che ha fatto salire vertiginosamente i prezzi dei combustibili fossili e interrotto le forniture, e potrebbero prendere in considerazione un ritorno al carbone.
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La quantità di energia generata dal carbone è aumentata del 9% a un livello record lo scorso anno, anche prima della guerra in Ucraina, e se le centrali a carbone ora pianificate saranno costruite, il mondo avrà poche possibilità di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C. In barba a tutti gli accordi sul clima ma soprattutto al buon senso ambientale.
In un nostro recente approfondimento, è emerso che il nostro Paese potrebbe addirittura rendersi indipendente energeticamente con la rinnovabili, che però sono bloccate da burocrazia incomprensibile che impone iter autorizzativi per un impianto rinnovabile che richiedono fino a 7 anni.
Ma non siamo gli unici in EU. Secondo Gray, infatti, sebbene l’economia sia fermamente a favore delle energie rinnovabili, i governi devono apportare alcune modifiche alle politiche per realizzare tutti i benefici, incluse semplificazioni della costruzione di parchi eolici e solari, perché l’ottenimento dei permessi può richiedere fino a 10 anni in alcune regioni, nonchè rimuovere gli incentivi distorsivi e le agevolazioni fiscali per i combustibili fossili e garantire il corretto funzionamento dei mercati dell’energia elettrica.
Mal comune non mezzo gaudio, anzi un disastro aumentato.
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Fonti: The Guardian / TransitionZero
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