Omicidio Di Matteo, domiciliari per rischio Covid al carceriere del bimbo sciolto nell’acido a Palermo
- Salvo Cataldo
- 06/05/2020
- Sicilia
- s.cataldo@agenziadire.com
Avrebbe messo a disposizione un capanno in cui venne nascosto il figio del pentito Di Matteo, rapito nel novembre del 1993 su decisione dei boss Corleonesi Share on facebook Share on twitter Share on whatsapp Share on email Share on print
PALERMO – Cataldo Franco, 85enne condannato per avere avuto un ruolo nel sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del collaboratore di giustizia Santino, è tornato ai domiciliari nella sua abitazione di Geraci Siculo, in provincia di Palermo. L’uomo, originario della cittadina palermitana di Gangi, ha ottenuto la detenzione domiciliare per il rischio coronavirus a fine aprile. Secondo l’ipotesi accusatoria avrebbe messo a disposizione un capanno in cui venne nascosto il piccolo Di Matteo, che poi venne spostato in un altro luogo. Il figlio del pentito Di Matteo fu rapito nel novembre del 1993 su decisione dei boss Corleonesi. A raccontare la fine di Giuseppe Di Matteo è stato Giovanni Brusca, ideatore del rapimento e poi diventato collaboratore di giustizia. “L’inammissibile notizia si aggiunge a quelle di altre scarcerazioni di personaggi di alta caratura criminale anche di camorra e ‘ndrangheta avvenute in questi giorni e accresce il senso di profonda vergogna che proviamo al cospetto delle vittime della barbarie della mafia, di fronte a cui lo Stato dimostra così di cedere”, dice Valter Mazzetti, segretario Generale dell’Fsp Polizia di Stato.
“Proprio da servitori di uno Stato per il quale tanti di noi hanno perso la vita – aggiunge Mazzetti – non possiamo nascondere l’orrore per il messaggio devastante che sta passando, delle istituzioni che abdicano al proprio ruolo di garanti della giustizia, dell’equità sociale, della sicurezza, del rispetto dovuto ai cittadini onesti. Condannati per reati talmente gravi – conclude – non possono e non devono andare a casa”.
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