Perché alcuni mammiferi hanno una vita più lunga di altri? La risposta è nella genetica
Giraffe, cani, esseri umani, conigli: siamo tutti mammiferi, appartenenti alla stessa famiglia, eppure abbiamo aspettative di vita assai diverse. Ad esempio, un essere umano vive in media fino ad ottant’anni, un cane arriva a quindici e una giraffa a ventiquattro. Perché accade questo? Qual è il “segreto della longevità” di alcune specie di mammiferi che altre non conoscono?
Alcuni ricercatori del Wellcome Sanger Institute (Regno Unito) hanno provato a rispondere a questo interrogativo, analizzando il corredo genetico di 16 specie di mammiferi fra loro molto diversi per stazza e durata madia della vita. È emerso che, nel DNA degli animali con una vita lunga, le mutazioni genetiche avvengono lentamente – questo supporta la teoria secondo cui le mutazioni somatiche giocano un ruolo nei processi di invecchiamento.
(Leggi anche: Longevità: scienziati individuano per la prima volta i geni che ci accorciano la vita)
Mutazioni genetiche e invecchiamento
I cambiamenti a livello genetico si verificano in tutte le cellule di un organismo durante la sua vita: si tratta di un processo naturale, che negli esseri umani avviene da 20 a 50 volte in un anno. La maggior parte di queste mutazioni non provoca danni all’organismo, ma alcune di esse possono compromettere il normale funzionamento della cellula e dare avvio alla formazione di masse tumorali.
Sin dagli anni ’50 del secolo scorso, gli scienziati hanno ipotizzato una correlazione fra le mutazioni genetiche e i processi di invecchiamento. Purtroppo però, le tecniche di indagine del passato non permettevano studi approfonditi in questa direzione. Lo sviluppo delle tecnologie mediche avvenuto negli ultimi anni ha permesso di indagare anche i cambiamenti genetici che avvengono nei tessuti, fornendo nuove informazioni agli scienziati.
Gli autori di questo studio hanno analizzato i tessuti di 16 diverse specie di mammiferi – dall’essere umano al topo, dalla giraffa alla talpa nuda, dal leone alla tigre. Dall’analisi è emerso che le mutazioni genetiche si accumulano linearmente nel tempo e che sono causate da meccanismi simili in tutte le specie (anche la nostra), malgrado le enormi differenze nello stile di vita e nell’alimentazione.
La cosa più sorprendente, tuttavia, è stato scoprire che la durata della vita media di una specie è inversamente proporzionale al tasso di mutazione somatica: in pratica, la frequenza delle mutazioni a livello genetico diminuisce all’aumentare dell’aspettativa di vita della specie. Questa è la prova inequivocabile del ruolo svolto dalle mutazioni genetiche nei processi di invecchiamento.
Saranno necessari, ovviamente, ulteriori studi in questa direzione, per indagare la correlazione fra invecchiamento e mutazioni somatiche anche in altre famiglie di animali, come rettili o animali marini, nonché nelle specie vegetali. Tuttavia, questo è un primo passo importante nella comprensione dei processi di invecchiamento che coinvolgono le diverse specie animali.
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Fonte: Nature
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