Quell’aborto negato a Valentina Milluzzo, il padre: “Ora cercano di falsificare carte, è un calvario”

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Il processo per la morte di Valentina Milluzzo si sta svolgendo in primo grado a Catania e vede imputati sette medici dell'ospedale Cannizzaro

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ROMA – “Stanno cercando di falsificare le carte e noi, a quattro anni dal ricovero di Valentina, dobbiamo ancora subire questo calvario”. È arrabbiato, addolorato, Salvatore Milluzzo, intervistato oggi dall’agenzia di stampa Dire, al termine di un’udienza del processo di primo grado in corso a Catania dove sono imputati sette medici dell’ospedale Cannizzaro, alle cui cure era stata affidata la figlia Valentina, morta a 32 anni, coi suoi due gemellini in grembo al quinto mese di gravidanza, in seguito a una grave setticemia, dopo oltre due settimane di degenza.

Era il 16 ottobre del 2016 e da allora la famiglia Milluzzo combatte perchè venga fatta giustizia: “L’aborto l’avrebbe salvata– avevano detto lo scorso anno i genitori- ma i medici erano obiettori”. “Alla scorsa udienza tre consulenti della Procura, oserei dire tre luminari visto che ognuno di loro aveva oltre 200 pubblicazioni, hanno messo questi medici ko- racconta alla Dire il papà di Valentina-. Gli hanno detto che hanno sbagliato tutto perché non hanno tolto la fonte di infezione, che erano la placenta e i fetini. L’unica terapia giusta per loro è stata quella della rianimazione. A un certo punto la giudice ha chiesto ai consulenti se Valentina potesse essere salvata se solo i medici fossero intervenuti alle 16, alle 18 e alle 20. I consulenti hanno detto di ‘sì’: Valentina, se fossero intervenuti, poteva essere salvata”.

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Sulla linea dei consulenti della Procura anche il medico legale della famiglia Milluzzo, ascoltato oggi in aula: “Anche lui ha dichiarato che sono intervenuti tardivamente, e che è stato fatto tutto con superficialità e leggerezza“, mentre “i segnali erano chiari- racconta il signor Milluzzo- Valentina andava fatta abortire il 5 (ottobre, ndr), il motivo di portare avanti la gravidanza e di rischiare la salute non c’era. Il medico ha concluso dicendo che nella cartella clinica il dottor Di Stefano ha ammesso che il primo fetino, quando l’ha tirato fuori, era macero, nero, che quindi era morto almeno 12-48 ore prima. Già di mattina, alle 11, Valentina aveva questo fetino deceduto dentro, che era una maggiore fonte di infezione”.

Ma la 32enne, nelle sue ultime ore di vita nel nosocomio siciliano, resta incredibilmente sola, nonostante la “mattina del 15- ricorda papà Salvatore- avesse vomito, dolori al basso ventre, temperatura sballata, pressione alta. Un’infermiera, che ora non lavora più al Cannizzaro, in una precedente udienza disse la verità sulle condizioni di Valentina. Raccontò di aver cercato il medico, che però non c’era, e di essere poi andata da quello in turno in sala parto per chiedere cosa doveva darle”.

E oggi, al Tribunale di Catania, di infermiere ne sono state ascoltate altre tre: “La prima ha detto come stavano le cose- spiega- che Valentina stava male, che aveva dolore al basso ventre, che le aveva somministrato qualche farmaco, fino a quando l’abbiamo portata sotto” in una sala vicina al Pronto Soccorso.

QUEL TAMPONE STAMPATO E FATTO SPARIRE

“La seconda infermiera aveva l’interesse di dire che il tampone di Valentina, da cui risultava l’infezione, non era stato stampato e che, quindi, i medici non avevano potuto prendere visione del risultato”. Ma l’esame era stato effettuato “il 10 ottobre”, ricorda il padre di Valentina, solo che “in un primo momento l’hanno fatto sparire. Poi, un’anima buona l’ha mandato al nostro avvocato e loro a quel punto lo hanno tirato fuori e inserito in cartella clinica. L’infermiera ha raccontato che era lei a stampare i tamponi, ma le altre due colleghe ascoltate in aula l’hanno smentita, dicendo che le password per i risultati di questi esami ce le hanno i medici”. Che, quindi, avrebbero potuto intervenire sulla base del referto che mostrava lo stato avanzato dell’infezione.

A mancare, nella cartella clinica di Valentina, “sono anche i risultati del prelievo del 13 mattina e del 15 mattina”, sottolinea il signor Milluzzo alla Dire, che ricorda come in 17 giorni “a Valentina furono eseguite solo due ecografie“, di cui una al primo ingresso.

“PROVE SCHIACCIANTI MA SI ANDRÀ AVANTI UN ALTRO ANNO”

Papà Salvatore non si dà pace: “Oggi la giudice ha fissato altre quattro udienze: il 22 dicembre, il 30 marzo, il 20 aprile e un’altra a giugno. Andremo avanti sicuramente per un altro anno, nonostante le prove schiaccianti e chiare della colpevolezza di questi medici. Sia la perizia della Procura che la perizia fatta dal nostro medico legale coincidono nel condannare questi delinquenti. Oggi non c’erano, ma l’altra volta vedermeli davanti è stato pesante. Mi auguro solo che il Padre eterno non mi faccia perdere la fede in lui”.

E conclude: “Una signora ha sognato Valentina. Nel sogno diceva: ‘Dovete dire a mio padre che purtroppo non posso tornare, ma che io sto bene e voglio una cosa sola: che mi dia giustizia perché mi potevano salvare’. Ha capito? Mia figlia vuole giustizia e noi dobbiamo lottare per dargliela”.

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