Respinte in appello le istanze di mamma Giada Giunti: non vede il figlio da otto mesi

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Un'ennesima battaglia per mamma Giada, che chiede "che mio figlio sia ascoltato, che possa tornare da me", come il piccolo scrive in tante lettere Condividi su facebook Condividi su twitter Condividi su whatsapp Condividi su email Condividi su print

ROMA – E’ in una telefonata la sera del 4 marzo che “suo figlio le dice di essere ad Abu Dhabi, dove sarebbe stato presumibilmente – come si legge nell’esposto del 6 marzo poi modificato il 14 in denuncia nei confronti del padre – dal 27 febbraio al 7 marzo”, quando l’emergenza Coronavirus era ormai già mondiale. Giada Giunti, che ha perso suo figlio, finito in casa famiglia per sette mesi dopo la denuncia da parte del suo ex per abbandono del bambino in un circolo sportivo privato, dove figlio e madre erano soci, e una diagnosi di “simbiosi”, è la mamma che nei sit-in a Roma sotto al ministero della Giustizia lanciava appelli al ministro Bonafede per poter incontrare suo figlio, affidato in via esclusiva al padre.

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Ha scritto post e registrato video per chiedere di poter trascorrere un Natale con lui, di potergli almeno consegnare un regalo. A sostegno, sul suo profilo fb, messaggi di vip e sportivi che frequentavano il circolo con lei e suo figlio.

A quanto apprende la Dire, il ministro Alfonso Bonafede ha risposto all’interrogazione della deputata Veronica Giannone, impegnata sul campo per casi come quelli di Giada e di suo figlio. Nella risposta, che deve essere pubblicata, il ministro avrebbe ribadito il diritto del minore di essere ascoltato, diritto che in questo caso – si leggerebbe nella sua risposta – che sarebbe stato completamente trascurato.

Ma Giada Giunti è stata definita “una mamma simbiotica” e la Corte d’Appello di Roma, il 19 marzo scorso, “ha rigettato le istanze urgenti avanzate- come hanno riportato i suoi legali, Carlo Priolo e Francesco Morcavallo alla Dire- con cui era stato lettera figlio giuntichiesto l’affido esclusivo alla madre, in quanto il bambino – questa la considerazione dei legali di mamma Giunti – si trova in una situazione di pericolo per la sua salute e incolumità“. Con queste richieste, con questa ennesima battaglia Giada chiede: “Che mio figlio sia ascoltato, che possa tornare da me”, come il piccolo scrive in tante lettere, per esempio una in risposta a un suo amichetto.

“Le istanze di mamma Giada si riferiscono a fatti successivi alla stessa sentenza di divorzio, che ha disposto – tra le altre cose – che i servizi sociali del Municipio XIII fossero tenuti ad organizzare gli incontri madre/figlio dal 9 agosto 2019. Le assistenti sociali- hanno spiegato gli avvocati alla Dire- fino al 5 marzo, giorno dell’udienza per decidere sulle istanze della Giunti, non hanno provveduto a organizzare neppure un incontro. Ma la gravità della decisione di rigetto delle istanze sta nel fatto che comunque le assistenti sociali hanno presentato una loro relazione affermando che sono andate una volta a casa dell’ex marito e hanno riscontrato che il bambino ‘è sereno’, anche se- hanno precisato i legali di mamma Giunti- non sono stati tenuti in considerazione i comportamenti del padre (lo alimenta anche con cibi contenenti il glutine, disattendendo un decreto della Corte d’Appello del 19 marzo 2014 e l’esenzione per malattia celiaca), i maltrattamenti, l’isolamento imposto e la relazione del Ctu nominato dallo stesso giudice del Tribunale dei minori che riferisce di ‘disturbi del pensiero e della personalità narcisista’ del padre del bambino. Le assistenti sociali avrebbero dovuto nei 7 mesi, dal 31 luglio 2019 al 5 marzo scorso, verificare il grado di affetto, amore reciproco madre/figlio e la capacità genitoriale della madre. Figlio e madre hanno, per negligenze delle assistenti sociali- questa la denuncia dei legali- perduto ormai 8 mesi di incontri, che avrebbero potuto provare che tra madre e figlio c’è desiderio di tornare a vivere insieme, senza penalizzare le esigenze del padre, in quanto Giada Giunti ha proposto negli ultimi due anni ben 33 proposte conciliative. Gli incontri protetti- hanno specificato i legali- peraltro si sono svolti nei 3 anni precedenti in Toscana, le cui video registrazioni e verbali tutti positivi non sono stati tenuti in considerazione”. E anche nella relazione dello psichiatra Alessandro Meluzzi, del luglio 2018, lo specialista parla, a questo proposito, di “sindrome del bambino prigioniero”.

Ora il rigetto delle istanze urgenti. Però, “oltre alla sentenza di divorzio, gli articoli 316 e 337 quater del codice civile- hanno ricordato gli avvocati nella loro nota di commento alla sentenza- obbligano il genitore che temporaneamente è decaduto dalla responsabilità genitoriale a controllare e vigilare sulle condizioni di vita del figlio, sui modi in cui viene allevato sulla sua salute, sulla sua educazione, sull’occupazione del tempo libero”. Ma Giada non incontra suo figlio e “non ne sa nulla: solo contatti telefonici” si legge ancora nella relazione presentata dal legale Carlo Priolo e Francesco Morcavallo, dove è riportato che questi incontri non si sono tenuti a causa “del comportamento negligente e colposo delle assistenti sociali tanto che dopo il rigetto del 5 marzo scorso sono state denunciate per abuso d’ufficio, falso ideologico, concorso in maltrattamenti ed altri reati”.

Quanto alle telefonate mamma-figlio, parliamo di “20 minuti 1 volta a settimana” hanno ricordato i legali, in esse “il bambino manifesta dolore e angoscia e chiede di tornare dalla mamma”. Soprattutto, come espressamente citato anche nella relazione dei servizi sociali del 27 febbraio, è proprio il bambino che “ha chiesto notizie dell’incontro con la madre” che di fatto, a distanza di ormai 8 mesi, non è stato ancora organizzato. Il Servizio sociale del Municipio XIII, come scritto nella relazione, ha descritto “la signora Giunti, incontrata nel mese di febbraio, collaborativa”.

Si legge sempre nel decreto di rigetto che “non potevano ravvisarsi i presupposti per modificare le modalità di frequentazione figlio-madre non avendo la signora Giunti superato le ragioni che ne avevano determinato la decadenza dalla responsabilità genitoriale; che, pertanto, la sentenza non merita di esser né sospesa nella sua efficacia esecutiva né modificata”. Giada si ritrova così ‘bloccata in uno stallo’ a non avere suo figlio, in uno spazio telefonico “contingentato”. “Anche meno dei criminali” ha detto più volte nelle interviste alla Dire. Le sue istanze “per riportare mio figlio a casa con me, dove lui vuole stare, come ha detto, scritto, cercato di far sapere in tutti i modi a tutti” ha ribadito mamma Giunti, sono tutte rigettate, e oggi aspetta ancora un giorno per incontrare il bambino che ha messo al mondo.

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Una decisione, quest’ultima della Corte d’Appello, lontanissima da quella della sentenza Massaro, che mettendo al centro gli interessi e la volontà del minore valorizzava il concetto della bigenitorialità come processo graduale e di adattamento alla vita del bambino, che nel caso del figlio di Giada Giunti è stata invece totalmente cambiata: oltre ad esser passato per la casa famiglia. Una situazione che il piccolo ha descritto in un tema a scuola che ha fatto il giro del web.

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