Roma, Candigliota (XIII Municipio): “Assistenti sociali non monitorati”
ROMA – “Chiedo alla Commissione la possibilità di lavorare insieme per coinvolgere qualche professionista appassionato del tema in maniera trasparente e con il cuore, in modo che si possano conoscere meglio gli aspetti che sono stati per noi oggetto di critica e di valutazione in ambito professionale e con le rappresentanze degli assistenti sociali. È con gli assistenti sociali che bisognerebbe lavorare”. È la proposta che l’assessora alle Politiche Sociali, Sanitarie e Pari Opportunità del XIII Municipio di Roma Capitale, Serena Maria Candigliota, avanza nel corso della Commissione Pari Opportunità capitolina convocata oggi sul tema ‘Interesse del minore nei casi di conflittualità tra ex coniugi: ruolo di tutela dei Servizi Sociali’, primo punto all’ordine del giorno. Un fenomeno delicato, specie per le famiglie che hanno vissuto la sottrazione di un minore dal nucleo e che, tuttavia, non viene adeguatamente monitorato sul territorio: “Non è previsto uno studio statistico con dati analitici o aggregati e questo è un grande problema- avverte Candigliota, che da tempo si occupa del tema- Dovrebbero essere svolte riunioni specifiche con un supervisore che faccia un monitoraggio su persone che lavorano in settori con carichi psicologici pesanti. Ma non sempre si riescono a svolgere e, anche nelle esternalizzate, spesso diventa un’attività secondaria nella quotidianità”. I casi “sono tantissimi”, fa notare l’assessora, “e il numero delle persone che se ne occupano è esiguo, considerando anche il carico amministrativo che gli viene richiesto, oltre al lavoro più tecnico”.
Secondo Candigliota, dunque, la mole di casi presi in carico, unita alla mancanza di tempo per l’eseguità del personale, è tra i più grandi ostacoli da superare sul campo: “Penso che potrebbe essere utile analizzare il lavoro degli assistenti sociali, persone che hanno studiato per quel ruolo e hanno necessità di confrontarsi costantemente con psicologi, pedagogisti e giuristi. Secondo me- aggiunge- dovremmo anche fare un punto sull’interpretazione delle sentenze a livello giuridico, perché devo dire che alcune situazioni sono fortemente fuorviate da un lavoro superficiale che può portare ad errori devastanti sul piccolo nucleo genitori-figli, sul resto della famiglia e sulla vita che i figli dovranno affrontare nel tempo. Non vorrei trovarmi mai qui a Roma in una situazione come quelle di cui abbiamo visto tante immagini e parole scritte pesanti su assistenti sociali, psicologi e sulle metodologie di interrogatorio- osserva- La situazione è ampia ed è difficile darne una valutazione. A volte c’è una forma di superficialità che può essere dettata dall’avere poca attenzione per il tempo che si dedica a quel caso specifico”. Sì al “lavoro quotidiano con le famiglie nell’ottica della prevenzione” perché è “un bene comune mantenere e creare equilibri psicofisici e il rispetto nelle famiglie”, sottolinea l’assessora, che ricorda il servizio svolto dai “centri per le famiglie di primo e secondo livello” sul territorio cittadino. “Le aspettative che si hanno sulla giustizia da parte delle coppie che si separano sono molto alte- sottolinea- ma non è la prescrizione di un giudice che può risolvere il problema della conflittualità. Parliamo del concetto di bigenitorialità, cioè della possibilità per entrambi i genitori di avere un rapporto continuo e assiduo con i figli, anche se cessa la convivenza. I genitori che hanno bisogno di assistenza- conclude- devono essere necessariamente presi in carico”, per avere un “sostegno alla genitorialità, prima che le conflittualità siano nocive sia nella relazione tra adulti sia nel rapporto coi bambini”.
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