Roma, Patrizi: “Sepoltura feti da paese civile, non possiamo buttarli nel secchio”

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Altra cosa, specifica la dottoressa, e' "l'opportunita' dell'indicazione, sul luogo del seppellimento, del cognome e nome della donna"

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ROMA – “Dare una sepoltura dignitosa a un feto e’ previsto dalle norme. Cosa vogliamo fare? Buttare al secchio i prodotti del concepimento dopo la 20esima settimana?”. Risponde cosi’ la consigliera e componente della commissione Pari opportunita’ dell’Ordine dei medici di Roma, Cristina Patrizi, interpellata dall’agenzia Dire in merito al caso che riguarda la sepoltura dei feti al cimitero Flaminio di Roma.

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“Ci sono poche persone e poche coppie che in quelle drammatiche circostanze chiedono, perche’ ne hanno facolta’, di procedere autonomamente al seppellimento, come da regolamento di polizia mortuaria. In Italia- prosegue Patrizi, che e’ medico di Medicina generale- le salme non si buttano al secchio, neanche quelle che non si sa di chi siano. In una societa’ civile le salme si seppelliscono secondo i criteri del regolamento di polizia mortuaria”.

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E cosi’, secondo la consigliera dell’Omceo Roma, accade anche per i feti “dalla 20esima settimana in poi, perche’ ci sono persone che decorosamente e dignitosamente chiedono la sepoltura. Altre, la maggior parte, non si occupano di questo presi dal dolore, ma se ne occupa in autonomia la Asl con un proprio seppellimento, cioe’ con una sepoltura civile di un Paese civile che seppellisce i suoi morti, compresi i feti dalla 20esima settimana in poi, sia che siano stati abortiti o meno. La sepoltura e’ un concetto di estrema civilta’, su questo aspetto non devono esserci polemiche”.

Tiene infine a precisare Patrizi, che altra cosa e’ “l‘opportunita’ dell’indicazione, sul luogo del seppellimento, del cognome e nome della donna. La procedura, che e’ stata messa decisa negli anni dal Comune di Roma, potrebbe prevedere una diversa codifica degli estremi identificativi”.

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