Roma, scoperta una grande vasca antica. Il suo uso è un enigma

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Ad aiutare gli esperti saranno numerosi reperti mobili trovati nell'area

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ROMA – Nonostante le ultime scoperte siano recentissime, alcune addirittura di questa settimana, gli archeologi stanno già formulando le prime ipotesi. Meglio, stanno procedendo a scartare quelle meno plausibili basandosi rigorosamente sui dati di scavo.

Per esempio, al momento non sembra essere un bacino idrico: “L’idea non ci piace- ha detto Barbara Rossi, funzionario archeologo della Soprintendenza e direttore scientifico dello scavo- per la presenza dello scivolo e la monumentalità della struttura.

E poi sembra non esserci una pavimentazione che giustificherebbe almeno in parte questo uso”. Ma nemmeno un uso agricolo può essere contemplato, anche se spesso queste vasche presentavano una rampa simile. “Ma di solito erano di dimensioni più piccole e venivano usate per il concime animale, i cosiddetti ‘sterquilini’.

Ma resta la grandezza e la monumentalità che non ci fa pensare a questo”. E nemmeno un luogo per l’allevamento del pesce, perché il livello dell’acqua, oggi come allora, non è costante. Al momento, sembra accantonata anche la supposizione iniziale che si trattasse di una darsena, data la presenza del quarto lato che chiude la vasca.

Ma tra gli archeologi c’è anche chi non abbandona l’idea, vedendo in quei blocchi di tufo una costruzione successiva.
Tant’è, ad aiutare gli esperti saranno numerosi reperti mobili trovati nell’area, a partire dal legno riaffiorato all’interno della vasca insieme a elementi vegetali ben conservati tanto da essere ancora di un verde acceso, grazie allo strato di argilla e acqua.

“Sulla presenza del legno abbiamo grandi aspettative- ha spiegato ancora Rossi- perché da un micro scavo eseguito appositamente sono riemersi anche pezzi lignei lavorati di grandi dimensioni, anche più di un metro, con degli scassi, segno che dovevano servire a creare una ulteriore struttura. Sarà un lavoro lungo, ma speriamo ci dia una risposta sulla destinazione della vasca”.

Tutto il complesso, formato dalla piscina e da altri due manufatti di epoche successive posti ai lati sud e nord, è rimasto attivo per otto secoli. “L’occupazione di quest’area inizia in età arcaica- ha specificato Emanuele Giannini, direttore tecnico dello scavo- ma a partire dal IV secolo avanti Cristo avviene la monumentalizzazione. In questo primo periodo sembra essere stata realizzata la vasca, che poi continua a vivere fino al I secolo”. Di certo, quello di Malafede era un insediamento produttivo e non abitativo, data la vicinanza al corso del Tevere, alla via Ostiense antica e a incroci che portano fino alla moderna Trigoria.
Un uso commerciale, dunque, ma contemporaneamente anche uno cultuale.

Se il primo è accertato dal ritrovamento di una trentina di monete e anche dai pavimenti a spina di pesce delle strutture vicine alla vasca, quello sacro è raccontato dalle lucerne ritrovate, ma anche “lastre in ceramica decorate con la Vittoria alata e elementi floreali”, ha aggiunto Federico Desideri, archeologo della società Eos arc che ha condotto gli scavi in accordo con la Soprintendenza.

“Il lavoro andrà avanti- ha promesso Giannini- Rispetto ad altri interventi di archeologia preventiva, questo rappresenta una vera sfida a causa delle dimensioni enormi dell’area e delle problematiche ambientali, come la presenza costante di acqua di falda”. Per poter lavorare in queste condizioni i tecnici hanno installato un sistema di pompaggio delle acque, anche se resta molto difficile leggere le stratigrafie e scoprire l’altro filare di blocchi che regalerà alla vasca ulteriori 80 centimetri di profondità, facendole toccare un’altezza di un metro e ottanta.

Conclusi i lavori, che però dovranno essere effettuati in periodi asciutti, forse verrà risolto anche ‘l’enigma di Malafede’.

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