Rsa Cologno, familiari insistono: “Positivi Covid-19 non sono stati separati”
- Nicola Mente
- 17/04/2020
- Lombardia, Sanità
- n.mente@agenziadire.com
Proseguono le polemiche attorno alla casa famiglia Mantovani di Cologno, anche dopo l'ispezione in loco del sindaco Angelo Rocchi Share on facebook Share on twitter Share on whatsapp Share on email Share on print
MILANO – Nessun sistema validato che possa garantire l’isolamento tra i pazienti covid e i pazienti non covid, numeri che non coincidono, poca trasparenza, versioni ufficiose distanti da quelle ufficiali. Proseguono le polemiche attorno alla casa famiglia Mantovani di Cologno, anche dopo l’ispezione in loco del sindaco Angelo Rocchi.
Dopo le prime denunce dei parenti alla ‘Dire’ su alcune procedure adottate nella Rsa durante la buriana covid, il sindaco del comune dell’area metropolitana di Milano ha preteso l’efficacia delle procedure messe in campo dalla struttura, gestita dalla Fondazione dell’ex vicepresidente regionale Pdl Mario Mantovani, ora in FdI. Un intervento che però non placa le preoccupazioni dei parenti dei ricoverati, in una struttura che ha contato 23 morti in tre settimane, anche se solo sei sarebbero i decessi accertati per coronavirus, mentre un parente di ricoverato parla senza conferme di “50-60 decessi”.
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“NON ABBIAMO COMUNICAZIONI, IMPOSSIBILE PARLARE CON MEDICI”
“Noi familiari oltre che molto preoccupati ed angosciati per questa grave situazione, siamo anche molto contrariati per la totale assenza di comunicazione sullo stato di salute dei nostri cari ricoverati”, dice Rita, la figlia di un’ospite della struttura, secondo cui “è stato ripetutamente richiesto alla direzione un contatto giornaliero da parte dei medici con le famiglie, ma ciò rimane totalmente disatteso”. Questo porta i familiari a chiamare “insistentemente” la casa famiglia, sollecitando “la necessità” di un colloquio medico “che il più delle volte non avviene, e ciò è assolutamente inaccettabile”.
Una difficoltà riscontrata da altri parenti: “Ti devi attaccare al telefono, a me capita di forzare perché spesso mi viene chiesto di aspettare un richiamo che non avviene”, confida il figlio di un’altra ospite della casa.
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“I POSITIVI AL COVID NON VENGONO ISOLATI”
L’aspetto più preoccupante è quello legato alla separazione degli ospiti covid dai non covid, assicurato sia dalla direzione che dalle istituzioni, ma che nei fatti non ha riscontro tra i familiari. “Mia madre è ricoverata in una stanza doppia ed è ufficialmente trattata seguendo i protocolli ministeriali per ammalati covid, le stanno facendo ossigenoterapia ma non è mai stata tamponata“, dice un altro parente che chiede l’anonimato. Per stessa ammissione della direzione e del sindaco i tamponi latitano (attualmente solo 30 per 139 ospiti, personale escluso), e l’unico strumento sono i quick test che non sono validati per accertare il contagio.
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Un’altra donna che sta molto male viene trattata ufficialmente come paziente covid, ma la sua compagna di stanza sta bene, e sono separate soltanto da una tendina, spiega un’altra fonte, a cui risulta che attualmente gli isolati siano “meno di dieci”, ossia quelli che hanno ricevuto il tampone in ospedale, “poi non so se ci sia stata un’evoluzione”.
Ai parenti sentiti dalla ‘Dire’ risulta insomma che alla Mantovani tutti i positivi non tamponati che stanno curando con terapia covid “non vengono di fatto isolati“, e al contempo “tanti negativi sono positivi ma non possono essere certificati, non avendo fatto un test valido, ossia il tampone”. Un quadro di incertezza in cui non ci sarebbe effettiva separazione tra contagiati e non. Una situazione confermata anche da Rita, che racconta come a partire dall’8 marzo in poi nella casa famiglia si siano verificati “numerosi casi di positività tra gli ospiti” che sono stati collocati “all’interno dei propri nuclei in situazioni quindi di promiscuità“.
Alcuni anziani residenti nella struttura possono comunicare con l’esterno tramite i cellulari, ma le informazioni restano frammentarie. C’è chi dice di avere appreso da residenti che abitano di fronte alla casa famiglia di un “viavai di bare”. Rita riferisce di “un totale disinteresse delle autorità sanitarie regionali competenti, Ats compresa”, mentre l’assessore Gallera non ha ancora risposto “a una mia personale lettera”.
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