Scoperti centinaia di pozzi preistorici attorno a Stonehenge, sono le tracce più antiche mai rinvenute nel sito
Stonehenge è uno dei più affascinanti e misteriosi siti archeologici della Terra. I suoi megaliti e i suoi paesaggi custodiscono segreti non ancora svelati e infatti un team di archeologi e geologi della University of Birmingham e della Ghent University ha scoperto circa 400 fosse di 2,5 metri di diametro ciascuna databili dal primo Mesolitico alla media Età del Bronzo medio.
La più grande di queste fosse misura 4 metri di diametro e ne è profonda 2. Per gli esperti risalirebbe a 10.000 anni fa e sarebbe la più estesa del Nord Europa nonché antecedente alle famosissime pietre in arenaria.
I ricercatori suggeriscono si tratti di potenziali pozzi preistorici utilizzati come trappole per la selvaggina di grosse dimensioni. Scavati sulle alture di Stonehenge in punti differenti questi pozzi permettevano presumibilmente di avere una visione a 360° del paesaggio e della fauna selvatica qui presente.
La sensazionale scoperta confermerebbe la presenza di numerose attività umane nel sito archeologico ancor prima della collocazione dei primissimi megaliti.
La nostra attenzione non si è concentrata sui molti monumenti di Stonehenge, ma su tracce più sottili del passato: resti di brevi rituali preistorici, o tracce di come le persone usavano la terra,
ha affermato Koen Deforce del Dipartimento di Archeologia della Ghent University.
Dal 2017 il team di ricerca lavora alla mappatura del suolo di Stonehenge, effettuando indagini geofisiche e scavi.
Combinando nuove tecniche di rilevamento geofisico con carotaggi e scavi puntuali, il team ha rivelato alcune delle prime prove di attività umana mai rinvenute nel paesaggio di Stonehenge. La scoperta della più grande fossa del primo Mesolitico conosciuta nell’Europa nord-occidentale mostra che questo era un luogo speciale per le comunità di cacciatori-raccoglitori migliaia di anni prima che fossero erette le prime pietre,
ha commentato Nick Snashall, archeologo del Stonehenge & Avebury World Heritage Site.
Fonte: University of Birmingham
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