Scoperto cos’hanno di diverso nel cervello le persone con mutazione del gene dell’Alzheimer
Una nuova ricerca ha evidenziato le differenze di connettività nelle persone con mutazione del gene ADAD che apre la strada ad una diagnosi precoce con la sola risonanza magnetica
Secondo un recente studio, l’integrità strutturale della sostanza bianca del cervello, misurata con una tecnica avanzata di risonanza magnetica, è inferiore nelle persone cognitivamente normali portatrici di una mutazione genetica associata all’Alzheimer rispetto ai non portatori.
I ricercatori hanno affermato che i risultati mostrano come le tecniche di imaging possano aiutare a comprendere i primi cambiamenti strutturali nel cervello, prima che i sintomi della demenza diventino evidenti.
Lo studio
Le persone che portano la mutazione autosomica dominante della malattia di Alzheimer (ADAD) hanno un rischio più elevato di sviluppare questo tipo di demenza, che colpisce circa una persona su nove negli Stati Uniti. La mutazione è collegata a un accumulo di proteina anormale, chiamata beta-amiloide, nel cervello che colpisce sia la materia grigia sia la sostanza bianca che trasporta il segnale.
Si pensa che la deposizione di amiloide nella materia grigia possa interrompere la sua funzione e, di conseguenza, la sostanza bianca non funzionerà correttamente o potrebbe persino atrofizzarsi. La nuova ricerca ha rilevato che la connettività strutturale della sostanza bianca, misurata con una tecnica di risonanza magnetica chiamata imaging del tensore di diffusione (DTI), si degraderebbe in modo significativo man mano che i pazienti sviluppano più carico di amiloide.
Nel nuovo studio i ricercatori hanno utilizzato i dati del Dominantly Inherited Alzheimer Network (DIAN) per confrontare i portatori della mutazione con i non portatori, e vedere se sono presenti cambiamenti nella connettività strutturale. I partecipanti allo studio includevano 30 portatori di mutazioni, età media 34 anni, e 38 non portatori, età media 37.
L’analisi ha mostrato che i portatori di mutazioni avevano una connettività strutturale inferiore nella rete di controllo frontoparietale, che collega le aree principalmente nei lobi parietali e frontali, due regioni note per essere coinvolte nell’Alzheimer.
I risultati
I risultati mostrano che per i portatori di mutazioni, l’efficienza globale diminuirebbe in modo significativo man mano che si avvicinano all’età stimata di insorgenza dei sintomi.
Questo mostra il potenziale della risonanza magnetica, come strumento di valutazione nei pazienti che sono considerati a rischio di Alzheimer prima che sviluppino i sintomi. L’uso di queste tecniche avanzate di risonanza magnetica potrebbe aiutare a perfezionare ulteriormente l’identificazione dei pazienti a rischio.
L’identificazione e il trattamento tempestivi rappresentano una strada più promettente per prevenire, o almeno ritardare, l’insorgenza della demenza.
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Fonte: Radiology
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