Silvia Romano, fonti alla Dire: riscatto ad Al Shabaab, rapitori di cooperanti

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La cifra ammonterebbe a tre milioni di dollari. Nelle mani del gruppo jihadista anche medici cubani e un'infermiera tedesca Share on facebook Share on twitter Share on whatsapp Share on email Share on print

ROMA – Per la liberazione di Silvia Romano sarebbe stato pagato un riscatto di tre milioni di dollari: così fonti dell’agenzia Dire a Mogadiscio, che evidenziano come il rilascio della volontaria italiana non sciolga il nodo dei sequestri in Somalia, con ostaggi di diverse nazionalità tuttora in mano ai ribelli islamisti di Al Shabaab.

Secondo le fonti, “i servizi di intelligence locali ritengono che del rapimento di Romano potrebbero essere responsabili miliziani già coinvolti in sequestri di cooperanti e operatori umanitari“.

Romano è stata liberata la settimana scorsa, dopo essere scomparsa da un villaggio keniano il 20 novembre 2018. Il rilascio è avvenuto a circa 30 chilometri da Mogadiscio, nei pressi della cittadina di Afgoye.

Le fonti della Dire ricordano che a oggi nelle mani di Al Shabaab, un gruppo affiliato ad Al Qaida che combatte il governo di Mogadiscio con incursioni e attentati, restano due medici cubani, due cittadini keniani, tre marinai iraniani e pure Sonja Nientiet, un’infermiera tedesca che lavorava per il Comitato internazionale della Croce Rossa, scomparsa nel maggio 2018.

Per il rilascio dei dottori cubani, Landy Rodriguez e Assel Herrera, nel 2019 sarebbe stato chiesto un riscatto di un milione e mezzo di dollari.

Proprio il rapimento di due cooperanti spagnoli di Medici senza frontiere, nell’ottobre 2011, era stata una delle ragioni addotte dal governo del Kenya quell’anno per avviare un’operazione militare in Somalia.

Al Shabaab si batte contro il governo e la missione di peacekeeping dell’Unione Africana che lo sostiene.

A marzo, in una località non precisata del sud della Somalia, il gruppo ha anche tenuto cinque giorni di seminari con centinaia di “saggi”: in una sala finemente ornata, tra barbe rosse per l’hennè e copricapi tribali, sono state approvate risoluzioni in 15 punti e pure una fatwa. Il convegno, senza precedenti, intitolato ‘Forum consultivo sulla jihad in Africa orientale’, è stato occasione per fare il punto sulle “difficoltà dei musulmani sul terreno politico, economico, sanitario e dell’istruzione”.
In primo piano la denuncia delle elezioni previste in Somalia a dicembre, le prime a suffragio universale, definite una farsa voluta dai “crociati” stranieri e dal governo “collaborazionista” di Mogadiscio. La fatwa è diretta contro gli “invasori” dell’Etiopia e del Kenya, parte di una missione di peacekeeping dell’Unione Africana, e pure contro gli americani: quest’anno i raid Usa con droni hanno già colpito più di 30 volte, causando secondo Amnesty International anche una ventina di vittime civili.

Stando alla ricostruzione della radio somala Garowe, il Forum è stata una scommessa propagandistica in un periodo difficile per i ribelli. Non solo per la perdita di Janaale, una città strategica del Sud, ma anche per gli scontri interni. Ahmed Omar, il capo di Al-Shabaab, ha espulso due comandanti non in linea sugli attentati con autobomba a Mogadiscio. Uno degli ultimi risale a dicembre: oltre 90 morti.

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