Siria, l’Unione europea sanziona 7 ministri: “Responsabili della repressione”

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La decisione porta a 280 le personalità siriane colpite da sanzioni, tra cui figura il divieto di viaggio e il congelamento dei beni

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ROMA – Il Consiglio europeo ha approvato l’imposizione di sanzioni individuali contro sette ministri siriani, di recente nominati nell’esecutivo guidato dal presidente Bashar Al-Assad.
Come riferisce l’organismo europeo sul proprio sito web, “il Consiglio segue costantemente gli sviluppi del conflitto siriano” e con le nuove misure adottate intende colpire “coloro che hanno un ruolo nel reprimere la popolazione”. La decisione porta a 280 le personalità siriane colpite da sanzioni, tra cui figura il divieto di viaggio e il congelamento dei beni. Ad altri 70 organismi, tra cui aziende, banche e organizzazioni siriane, sono stati bloccati i beni.
L’Ue ha iniziato ad applicare misure sanzionatorie dal 2011, “in risposta alla violenta repressione della popolazione civile siriana”. I provvedimenti riguardano anche “uomini d’affari e aziende che traggono vantaggio dai loro rapporti con il regime e l’economia di guerra”.

Le sanzioni comprendono “il divieto di importazione di petrolio, restrizioni su determinati investimenti, il congelamento delle attività della Banca centrale siriana nell’Ue, restrizioni all’esportazione di attrezzature e tecnologie che potrebbero essere utilizzate per la repressione interna e di attrezzature e tecnologie per il monitoraggio o l’intercettazione di comunicazioni internet o telefoniche”.
Nella nota, il Consiglio conclude ricordando che l’Ue “resta impegnata a trovare una soluzione politica duratura e credibile al conflitto in Siria” sulla base della risoluzione 2254 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e della dichiarazione finale del Gruppo d’azione per la Siria, raggiunta a Ginevra nel 2012.

Nel conflitto siriano, che ha attirato anche gruppi armati ed eserciti stranieri, le Nazioni Unite calcolano che abbiano perso la vita circa 500.000 persone. Circa sei milioni le persone che hanno invece dovuto abbandonare il Paese.

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