Soft robotics: la lezione del polpo
Un esemplare di polpo gigante del Pacifico , la specie più grande al mondo che può arrivare fino a 40 chili, e un robot ispirato a quest’abitante marino. I visitatori dell’Acquario di Genova possono ora vederli uno accanto all’altro in una nuova installazione. Il prototipo di braccio robotico è opera di un team di ricerca guidato da Barbara Mazzolai , del gruppo di Bioinspired Soft Robotics dell’Istituto Italiano di Tecnologia a Pontedera. È stato realizzato con materiali “soffici”, principalmente silicone, ed è provvisto di ventose. Numerose le sue possibili applicazioni, dato che può essere usato in aria o dentro fluidi, può penetrare in ambienti angusti e afferrare oggetti di ogni tipo. Compie dieci anni la rivoluzionaria ricerca sulla biorobotica ispirata al polpo . Proprio quest’animale, con i suoi tre cuori e le sue capacità di nuotare, camminare e avvinghiarsi a qualsiasi elemento, ha “illuminato” i pionieri della soft robotics . Nel 2009, quando ancora nessuno scommetteva su questa ricerca, quando i robot per eccellenza erano solo gli umanoidi in metallo, partiva il primo progetto in Europa. Grazie al finanziamento del programma FET della Commissione europea, il team coordinato da Cecilia Laschi della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, potè avviare lo studio e realizzare un sogno: “Quando abbiamo iniziato il progetto Octopus e affrontato questa sfida di costruire robot con materiali morbidi, la domanda che tutti mi facevano era: ‘Ma a cosa serve? ‘. Non è il polpo robotico che serve a qualcosa ma i principi che il robot ci insegna che servono a qualcosa”, racconta la Professoressa. I nuovi materiali hanno permesso una semplificazione del comportamento senso-motorio dei robot , rendendoli più flessibili, adattabili ed efficienti in ambienti difficili. Ad esempio in medicina si è pensato allo sviluppo di endoscopi flessibili, nell’ambito della protezione civile ad un ausilio per complicate operazioni di salvataggio, nell’industria al monitoraggio di infrastrutture subacquee. Ma Cecilia Laschi lancia un appello: “Adesso che hanno capito che la soft robotics è un settore interessante, ci stanno investendo gli Americani, i Giapponesi, i Coreani, i Cinesi. L’Europa, che un tempo era avanti, rischia ora di perdere questo vantaggio competitivo se non manterrà l’investimento”.