Space Weather: che tempo fa nello Spazio?

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Sulla Terra siamo abituati a consultare le previsioni meteo per sapere se piove o c’è il sole, se arriva la neve o se è atteso vento forte. Sono tutti fenomeni che avvengono a poca distanza da noi e influenzano le nostre scelte quotidiane. Qualcosa di simile accade anche al di là dell’atmosfera. Lo Space Weather è l’insieme dei fenomeni associati ad improvvise variazioni dell’ambiente spaziale intorno al nostro pianeta. Il primo responsabile è il Sole, e i suoi ‘movimenti’ ci interessano molto più di quanto possiamo immaginare.

Ne abbiamo parlato con Christina Plainaki, ricercatrice nelle Scienze del Sistema Solare e coordinatrice del Gruppo di Lavoro Nazionale sullo Space Weather dell’Agenzia spaziale italiana (ASI).

La stella attorno a cui orbitiamo, il Sole, in condizioni “normali” produce un flusso di particelle a energia moderata, di fronte a cui la magnetosfera e l’atmosfera della Terra sono in grado di evitare conseguenze importanti per il nostro pianeta. In particolari condizioni, però, si possono produrre flussi molto intensi oppure ad alta energia che potrebbero provocare seri problemi per i nostri sistemi tecnologici, da cui dipende tanta parte della nostra vita quotidiana.

Ma chi è che rischia di più? In primis gli astronauti, mentre per i terrestri le insidie maggiori arrivano dalla rete elettrica e anche da tutti i sistemi legati ai satelliti.

In caso di turbolenze spaziali ad essere in pericolo sono“sicuramente i satelliti artificiali, dai quali nella nostra società tecnologica dipende una grandissima quantità di servizi quali la navigazione aerea e marittima, le comunicazioni, e l’osservazione della Terra- ci ha spiegato Christina Plainaki- . Anche la rete elettrica a terra è molto sensibile a questi fenomeni. Inoltre, mentre il rischio per la biosfera in generale è minimo, l’esposizione prolungata degli equipaggi degli aeromobili operanti ad alta quota e, ancora di più degli astronauti, può essere significativa anche dal punto di vista sanitario”.

Tutte le missioni spaziali, non solo quelle in prossimità del Sole, “sono potenzialmente soggette agli effetti avversi dello Space Weather, anche se in prossimità del Sole i flussi di particelle energetiche sono più elevati. Le missioni con equipaggio richiedono una speciale attenzione, soprattutto in caso di esposizioni prolungate”.

Ma chi è che controlla ‘che tempo fa’ nello Spazio? Al momento non ci sono centri che esclusivamente si dedicano alle previsioni, ma tante sono invece le missioni che permettono di raccogliere dati per osservazioni scientifiche. Tra queste ne ricordiamo alcune con un’importante partecipazione italiana, per esempio Bepi Colombo e Solar Orbiter, che saranno in grado di fornire dati che ci aiuteranno a capire i fenomeni fisici alla base dello Space Weather.

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L’Agenzia Spaziale Italiana sta coordinando la creazione di un centro dati Space Weather scientifico nazionale (ASPIS) che raccolga il tantissimo lavoro che viene condotto nel nostro paese da enti come l’Istituto Nazionale di Astrofisica, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, e diverse Università.

Sul fronte operativo è però lecito pensare che in futuro ci saranno modelli di previsione come quelli che oggi consultiamo per il meteo. Già oggi l’Aeronautica Militare elabora e fornisce un bollettino di osservazioni e previsioni di meteorologia spaziale, anche se, naturalmente, non esiste nulla di paragonabile alla rete di misure meteo di cui può beneficiare il meteo “tradizionale” e, oltretutto, prevedere lo Space Weather è molto, molto più complicato.

Il 12 e 13 febbraio si è tenuto a Roma, nella sede dell’Agenzia spaziale italiana, il primo congresso della Space Weather Italian Community.

“Gran parte dei partecipanti- ha spiegato Christina Plainaki all’agenzia Dire- provengono da istituzioni scientifiche e sono impegnati sul versante scientifico del problema, che è la premessa base per la creazione di modelli previsionali adeguati alla fornitura di “servizi”. L’Agenzia Spaziale Italiana, attraverso la creazione di ASPIS, mira a mettere a fattor comune non solo i dati sperimentali, ma soprattutto l’esperienza scientifica di primo livello che l’Italia può vantare. Accanto a questi, l’evento ha attirato l’attenzione di diversi operatori privati, interessati a sviluppare i primi prototipi di servizi, e della stessa Aeronautica Militare. Il bilancio non può che essere positivo, dal momento che, come ricercatrice e come dipendente dell’Agenzia, vedo una comunità nazionale molto coesa, consapevole delle proprie grandi potenzialità e protesa verso un obiettivo molto ambizioso”.

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