Strage di canguri: i marchi e le aziende della moda italiani coinvolti nel massacro
Dopo la denuncia della strage di canguri che sta avvenendo in Australia, LAV fa i nomi delle aziende italiane coinvolte in questo massacro.
Pochi giorni fa la Lega antivivisezione ha fatto luce sul più vasto e cruento abbattimento di animali selvatici al mondo, diffondendo un documentario intitolato “Kangaroo, A Love-Hate Story”, che svela cosa si cela dietro al mercato delle pelli di canguro.
Un mercato che interessa anche l’Italia, primo importatore di pelli di canguro n Europa.
“Quello dell’Italia, primo Paese importatore di pelli di canguro in Europa, è un primato di cui andare poco fieri” – ha dichiarato il responsabile LAV Moda Animal Free Simone Pavesi – “nessuna pelle o pelliccia, infatti, può definirsi sostenibile, ma questa filiera in particolare presenta sofferenze inaccettabili per gli animali cacciati: una strage che provoca morti lente e dolorose, con un numero impressionante di vittime “collaterali”, cuccioli dipendenti dalle madri, deambulanti o ancora nel marsupio, animali feriti o fuggiti in preda al panico, tutti condannati a lenta agonia”.
Il documentario è stato proiettato per la prima volta in Italia lo scorso martedì e, durante l’evento, LAV ha reso noti i dati del mercato italiano e i nomi delle aziende che contribuiscono ad alimentare le terribili uccisioni dei canguri australiani, con la speranza che questa strage cessi al più presto.
Ecco i principali brand italiani che operano nel settore della moda, dell’abbigliamento sportivo e da motociclismo e nel settore calzaturiero, coinvolti nella mattanza dei canguri:
Settore sportivo e motociclistico:
- Diadora,
- Lotto,
- Pantofola d’Oro,
- Dainese,
- Ducati,
- Gimoto,
- Alpinestars,
- Vircos;
Abbigliamento:
- Ferragamo,
- Versace,
- Prada;
Settore calzaturiero:
- Moreschi,
- Moma,
- Fabi.
Lav ha cercato un confronto con queste aziende ed è emerso che nessuna è consapevole del volume delle uccisioni di cuccioli e adulti di canguro di cui è complice.
“LAV ha già avviato mesi fa un confronto con le aziende coinvolte. Alcune si sono dimostrate disponibili al dialogo come Ducati, Diadora e Prada, altre non hanno mai dato alcuna risposta, come Lotto, Pantofola d’Oro, Dainese, Alpinestar, Vircos, Versace, Ferragamo, Fabi, Moma, o addirittura respinto la richiesta di incontro con LAV come Gimoto e MoreschI. Da nessuna, comunque, abbiamo ricevuto comunicazione di impegni concreti per la dismissione di queste produzioni e nel corso degli incontri avuti abbiamo potuto appurare che, generalmente, i responsabili delle produzioni non sono al corrente del modo in cui gli animali vengono uccisi.
Molti di loro sono rimasti scioccati dalle immagini di caccia che gli abbiamo mostrato, in altri casi, le aziende si trincerano dietro le certificazioni, o le garanzie date dal Paese di provenienza. Ma sappiamo bene che la realtà è un’altra: generalmente le aziende si limitano a verificare che l’approvvigionamento sia legittimo e rispettoso delle norme vigenti. Ma non indagano (o non vogliono indagare) se le norme che regolamentano le uccisioni sono applicate e se sono sufficienti ad assicurare adeguati livelli di tutela per gli animali, quali conseguenze possono avere le uccisioni di questi animali sull’intera specie, e così via.
Abbiamo ampiamente dimostrato che la legge australiana non riesce ad assicurare un reale controllo sulle modalità di uccisione, e i sistemi di certificazione, come rivelato in passate inchieste, spesso presentano grosse mancanze e incongruenze”, ha spiegato Pavesi
LAV ha annunciato nuove azioni per far conoscere a un pubblico sempre più vasto le conseguenze di questa filiera e tentare di porre fine al massacro dei canguri.
L’obiettivo è quello di giungere al più presto a impegni precisi da parte delle aziende e dei governi, per la dimissione di queste produzioni e per cessare l’importazione in Italia e in Europa di prodotti ricavati dai canguri.
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Tatiana Maselli
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