«Suburbia Killer», pregi e difetti di una serie spagnola difficile da definire. Recensione
Com’è Suburbia Killer? Difficile da definire questa miniserie spagnola, approdata su Netflix il 30 aprile e che sta giorno dopo giorno scalando la classifica dei contenuti più visti sulla piattaforma streaming, dominata anche da titoli così diversi come Tenebre e Ossa e Sexify.
Uno degli aspetti più stuzzicanti di Suburbia Killer è il fatto che si tratta dell'ennesima produzione forte di clic spagnola, ma in un certo senso è anche un prodotto americano, considerato che nasce come adattamento di un romanzo di Harlan Coben, scrittore statunitense che ha firmato con Netflix un accordo per lo sviluppo di 14 serie dai suoi libri. Suburbia Killer, in questo senso, è la terza produzione dopo Estate di morte e The Stranger.
Alla luce di queste informazioni, e considerato che Coben è coinvolto come produttore esecutivo, la curiosità di scoprire se El Inocente (questo il titolo iberico dello show) potesse essere diverso o meno da altri progetti seriali spagnoli era tanta. E adesso che è in linea? Difficile a dirsi, la risposta alla domanda è indefinibile, proprio come la miniserie, che per certi versi è piuttosto diversa quanto per altri è omologata.
Perché «Suburbia Killer» è diversa dalle altre serie spagnole
Cominciamo dalla differenza principale, il registro adottato in questo thriller, che è più asciutto di altre serie spagnole. L’atmosfera rimane tesa proprio perché il racconto non ha alcuni tratti ipertrofici che ormai ci aspettiamo, anche in termine di effetti e colpi di scena, negli show made in Spain.
Non mancano le scene di azione, riservate alla seconda parte della miniserie. Nella prima parte, invece, la costruzione di un’atmosfera tesa è data dalla sensazione di attesa e di mistero.
Prima di chiarire la vera chiave dell’intera vicenda, la narrazione si svolge su due storie su cui lo spettatore si chiede, intrigato, cos’abbiano a che fare.
Nei primi episodi si accumulano domande e misteri, soluzione piuttosto accattivante rispetto ad altri titoli, che tendono invece ad avviare immediatamente lo sviluppo della storia principale.
Anche i personaggi vengono introdotti man mano, con un espediente narrativo piuttosto originale, rispetto agli abituali flashback e continui avanti-indietro (tipici soprattutto dei titoli di Alex Pina).
In Suburbia Killer le backstory dei singoli personaggi (principali o, inaspettatamente, creduti secondari) vengono introdotte all’inizio di ogni puntata. Quando un episodio giunge al termine, avviene quasi una sorta di reset e quello successivo comincia con il racconto di un altro personaggio (diverso da quello precedente) che parla di sé in seconda persona singolare («ti chiami…»).
In cosa «Suburbia Killer» assomiglia ad altre serie spagnole
Nonostante le premesse e le differenze, a un certo punto in Suburbia Killer si ritrovano gli stessi difetti di alcune delle più famose serie spagnole.
Prima di tutto, le svolte soap che, soprattutto in un racconto thriller, aggiungono un sentimentalismo poco pertinente che smorza la tensione accumulata.
Altro limite, comune ad altri show, è la mancata introspezione dei personaggi principali. In particolare, del protagonista Mateo, che si ritrova in una vicenda sempre più intrigata e pericolosa (è accusato di vari omicidi) che coinvolge anche sua moglie.
Per tutta la miniserie (senza fare spoiler, specie sul finale), non c’è modo di capire cosa pensi, cosa provi un uomo che, dopo essersi messo alle spalle un passato difficile, si ritrova in un presente complicato che potrebbe rovinare per sempre il suo futuro.
Mateo affronta la storia, le rivelazioni, le prove più dure senza mai scomporsi o, almeno dal punto di vista dello spettatore, senza mai esternare nulla.
Questo vale anche per gli altri personaggi e, proprio perché lo scrittore del romanzo da cui è tratto Suburbia Killer è tra i produttori esecutivi della serie, ci si chiede come mai non sia intervenuto in alcun modo.
Da parte loro, gli sceneggiatori Guillem Clua, Jordi Vallejo e Oriol Paulo (anche regista) hanno giocato sul sicuro sfruttando una trama avvincente che, con una maggiore centratura dei personaggi, avrebbe anche goduto di una resa più intensa, soprattutto in termini di empatia.
«Suburbia Killer» vs «Sky Rojo», un confronto doveroso
C’è un altro elemento che suggerisce il confronto tra Suburbia Killer e Sky Rojo: in entrambe le serie si esplora il mondo della prostituzione – anche se nel primo titolo ci si arriva dopo, mentre nel secondo è l’ambientazione principale da cui si sviluppa la storia.
In comune, le due serie hanno scene molto esplicite e violente – anzi, forse Suburbia Killer è perfino più cruenta – ma non condividono la stessa “motivazione”.
In Sky Rojo la condanna nei confronti dei papponi e dei clienti è evidente e i toni forti della storia sottolineano il suo intento di denuncia.
In Suburbia Killer, invece, l’eventuale accusa è molto velata, così tanto da rischiare di trasmettere quasi un compiacimento in scene di violenza e sesso/nudità che più di un caso risultano disturbanti e gratuite.
«Suburbia Killer», un mistero da risolvere guardando la serie
Nel complesso, tuttavia, Suburbia Killer è un titolo che funziona, perché i punti di forza della miniserie in otto episodi portano lo spettatore a voler arrivare fino alla fine, anche quando l’interesse si smorza a causa delle debolezze dello show.
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