Tampon tax, il Parlamento europeo esorta i Governi a eliminare la tassa sugli assorbenti
La cosiddetta “tampon tax” ha solo effetti negativi per la parità di genere: con questa motivazione, i deputati europei chiedono ai Paesi membri dell’Unione di eliminare la tassa sui prodotti per l’igiene femminile
“I Paesi dell’Unione europea dovrebbero garantire l’accesso universale alla salute sessuale e riproduttiva”: così il Parlamento europeo approva a larga maggioranza una risoluzione che esorta in generale gli Stati membri a non indebolire e a non revocare i diritti alla salute (e in particolare i diritti alla salute sessuale e riproduttiva) definendoli diritti fondamentali delle donne.
Una serie di punti riguardanti i diritti dell’universo femminile, tra cui soprattutto l’annosa questione dell’IVA sui prodotti mestruali.
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Ad oggi, di fatto, il ciclo è considerato un lusso e ne è prova la Tampon Tax, che impone un’aliquota che va oltre il 2o% su tamponi e assorbenti. E si parla non solo dell’Italia, dove l’IVA al 22% viene applicata ad assorbenti e tamponi, ma anche a pannolini e carta igienica –ma anche di Ungheria, ad esempio, dove la tassa è pari al 27%, o di Norvegia, Svezia e Danimarca, dove la percentuale si avvicina al 25%.
La risoluzione del Parlamento europeo
Il 24 giugno scorso il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione non legislativa con 378 voti favorevoli, 255 contrari e 42 astensioni e in cui, tra le altre cose, si sottolinea la necessità di rimuovere tutte le barriere ai servizi di salute sessuale e riproduttiva.
Nel testo della risoluzione, gli eurodeputati hanno rimarcato che le violazioni della salute sessuale e riproduttiva delle donne costituiscono una forma di violenza nei confronti delle donne e delle ragazze, ostacolando il progresso verso la parità di genere.
Da qui discendono richieste precise come:
- garantire l’accesso a una gamma ampia di servizi di alta qualità, completi e accessibili nel campo della salute sessuale e riproduttiva e dei relativi diritti e rimuovere tutte le barriere giuridiche, politiche, finanziarie e di altro tipo che impediscono il pieno accesso alla salute sessuale e riproduttiva e ai relativi diritti per tutte le persone
- contrastare la pratica dell’aborto clandestino
- garantire i diritti delle donne (a partire da quello alla vita), spesso compromessi da scelte mediche ispirate all’obiezione di coscienza o a motivi religiosi
- assicurare una gamma di metodi contraccettivi e forniture di alta qualità e rendere disponibili un servizio di consulenza familiare e informazioni dettagliate sulla contraccezione
- garantire una completa educazione sessuale nelle scuole primarie e secondarie per contribuire a ridurre significativamente la violenza e le molestie sessuali
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No alla tampon tax
Gli eurodeputati europei parlano in buona sostanza di effetti negativi della cosiddetta “imposta sugli assorbenti” (“tampon tax”) e chiedono chiesto ai Paesi Ue di eliminare la tassa sui prodotti per l’igiene femminile, avvalendosi della flessibilità introdotta dalla direttiva Ue sull’IVA e applicando esenzioni o aliquote IVA allo 0% su questi beni essenziali. Hanno, inoltre, chiesto ai Paesi Ue di affrontare con urgenza la cosiddetta “period poverty” (“povertà mestruale”, cioè l’impossibilità per molte donne svantaggiate economicamente di acquistare assorbenti e tamponi), assicurando che chiunque ne abbia bisogno possa disporre di prodotti mestruali gratuiti.
Questo voto segna una nuova era nell’Unione europea e la prima vera resistenza a un’agenda regressiva che ha calpestato i diritti delle donne in Europa per anni. La maggioranza dei deputati europei ha chiarito la propria posizione agli Stati membri e li ha invitati a garantire l’accesso all’aborto sicuro e legale e ad una serie di altri servizi di salute sessuale e riproduttiva, conclude il relatore Predrag Matić.
In Europa a distinguersi sono la Scozia, che nel 2020 ha reso gli assorbenti gratuiti e ha messo a disposizione dispositivi igienici in scuole, college e università, la Francia, che ha portato la tassazione dal 20% al 5,5%, il Belgio dal 21% al 6%, i Paesi Bassi e il Regno Unito.
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Fonte: European Parliament
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