Tutti su Marte
- Antonella Salini
- 27/07/2020
- Scientificamente
- a.salini@agenziadire.com
ROMA – Nel cuore della travagliata estate 2020, la prima durante la pandemia di Covid19, gli occhi sono tutti puntati su Marte. Emirati arabi, Cina, Stati Uniti: sono i tre Paesi lanciati alla conquista del pianeta rosso a luglio.
La strada verso il quarto pianeta del Sistema Solare si affolla così di missioni con obiettivi diverse, ma tutte significative, sia dal punto di vista scientifico che politico.
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Il 20 luglio è volata in orbita da una base giapponese la sonda Al Amal, nata in casa degli Emirati Arabi Uniti. Un Paese che ha scelto un approccio molto simbolico per aprire la strada dell’esplorazione spaziale. A partire dal nome, che significa ‘speranza’, fino al periodo in cui la sonda raggiungerà Marte: l’arrivo in orbita è atteso per febbraio 2021, giusto in tempo le celebrazioni dei 50 anni degli Emirati, una terra il più delle volte associata solo al petrolio. L’idea è quella di dare un contributo agli sforzi globali per conoscere quanto più possibile del pianeta rosso in funzione di future missioni di colonizzazione, ma non solo. La sonda Al Amal, che fotograferà l’atmosfera di Marte, vuole anche ispirare i giovani nello studio delle scienze. “Oltre il cielo è dove inizia il nostro sogno”, ha twittato lo sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum, postando la prima foto scattata da Al Amam.
Secondo capitolo: la Cina. Era il 23 luglio quando a bordo del lanciatore Lunga Marcia 5 partiva la sonda Tianwen-1, colonna portante della missione Chang-e 4. Destinazione, ovviamente, Marte. Orbiter, lander e rover, con una dotazione di tredici strumenti, sono gli assi su cui punta la Cina per cercare tracce di vita passata nella regione marziana di Utopia Planitia. La sfida è notevole, se pensiamo che finora gli unici che sono riusciti ad atterrare su Marte sono gli Stati Uniti.
E proprio la Nasa, a fine mese, parte per un nuovo atterraggio. Questa volta tocca a Perseverance. Si tratta di un rover destinato a studi di astrobiologia, alla ricerca di tracce di vita passata. C’è molto di più, però. Perseverance raccoglierà anche campioni di rocce e regolite, cioè frammenti di rocce e polvere. La Nasa pensa a una missione con l’Agenzia spaziale europea (Esa) per recuperare questi campioni e portarli sulla Terra. Perseverance ci farà anche ascoltare i suoni di Marte, grazie a due speciali microfoni. Non solo. Sgancerà su Marte anche Ingenuity, il primo elicottero che sorvolerà il pianeta rosso. Non fatevi ingannare dal nome: Ingenuity significa ‘ingegnosità’, ed è davvero molto ingegnoso lo strumento che promette di aprire la strada all’esplorazione planetaria aerea.
L’Italia, intanto, non sta a guardare. In attesa della missione Exomars, che promette di portare sulla superficie di Marte un eccezionale trapano in grado di perforare il suolo, le università di Bologna e Padova studiano il sottosuolo per sondare la possibilità di usarlo per creare delle basi operative extraterrestri, sia sulla Luna che su Marte. Riccardo Pozzobon, geologo planetario del Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova e Francesco Sauro, speleologo, direttore dei corsi Caves e Pangaea dell’Esa e professore al Dipartimento di Scienze biologiche dell’Università di Bologna, sono a capo del gruppo di ricercatori che ha indagato sulle grotte formate dall’escavazione della lava, i tubi lavici, presenti sulla Terra, stimando anche le enormi dimensioni dei loro analoghi lunari e marziani. E il loro lavoro è finito sulla rivista scientifica internazionale Earth-Science Reviews. I lava tubes proteggono dalla radiazione cosmica e solare, riparano dai micrometeoriti che cadono di continuo sui pianeti e offrono un ambiente a temperatura controllata. Vantaggi notevoli soprattutto nel caso della Luna, prossimo obiettivo della missione della Nasa Artemis. Lo studio dei volumi e delle morfologie delle porzioni collassate di lava tubes sulla superficie della Luna e di Marte è stato effettuato tramite modelli digitali del terreno ottenuti da immagini satellitari stereoscopiche e da altimetrie laser acquisite da sonde interplanetarie, aggiunge Riccardo Pozzobon. “I dati ottenuti- racconta Pozzobon- sono stati confrontati con rilievi topografici di morfologie di collasso analoghe presenti sulla superficie terrestre e con spettacolari scansioni laser dell’interno di lava tubes di Lanzarote e delle Galapagos, che hanno permesso di fornire un vincolo sulle relazioni tra collassi e porzioni di cavità sotterranee ancora intatte”. I ricercatori hanno così scoperto che, rispetto ai tubi lavici terrestri che raggiungono i 10-30 metri di diametro, le dimensioni aumentano di 100 volte su Marte e di 1.000 sulla Luna.
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