VIDEO | Coronavirus, Bonifacino (Sant’Andrea): “Calo visite oncologiche”
- Silvia Mari
- 06/04/2020
- Donne, Roma, Sanità
- s.mari@agenziadire.com
L'emergenza coronavirus ha cambiato volto agli ospedali. E a risentirne sono le altre patologie, anche quelle oncologiche Share on facebook Share on twitter Share on whatsapp Share on email Share on print
ROMA – “Da fine gennaio a oggi c’è stato un calo delle prime visite. Qualcuno senza dubbio sta rinunciando a venire in ospedale e magari si tratta di quelle persone che, per difesa, tendono a nascondersi e a rinunciare”. A lanciare questo allarme è Adriana Bonifacino, responsabile dell’Udts del Sant’Andrea di Roma, uno degli ospedali trasformati in punto Covid con “sei tendoni della Protezione Civile, un percorso dedicato agli operatori sanitari e un altro per i pazienti”.
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Oltre ai 110 posti letto per i ricoveri Covid e le postazioni di Pronto Soccorso, il Sant’Andrea ha anche realizzato un reparto chirurgico multidisciplinare Covid positivi, ovvero pazienti di diversa competenza per i quali l’intervento chirurgico non può essere differito e che sono appunto positivi al virus. Un complesso sistema di sale operatorie, equipe e strumentazione dedicate ha cambiato in poco tempo il volto del nosocomio romano. Ma in tutto questo le attività di sempre procedono, come quelle dell’ambulatorio guidato dalla professoressa, dedicato alle pazienti con cancro del seno che hanno bisogno di intervento, terapia e follow up, e “vanno avanti, con un’ottima organizzazione complessiva rispetto all’emergenza Coronavirus” che ha cambiato volto all’ospedale, “ma certamente con qualche difficoltà anche per gli interventi urgenti. Stiamo lavorando regolarmente- ha precisato Bonifacino- ma certamentedell’affluenza per Covid hanno fatto la spesa altre patologie e anche quella oncologica. Ogni paziente deve fare, per la propria tutela e quella degli operatori sanitari, due tamponi prima dell’intervento che devono risultare negativi. Quanto ai follow up dipende dal caso clinico: se quella donna aveva avuto un tumore aggressivo, se è stata operata un anno fa oppure cinque e ha in mano una mammografia o una risonanza negativa. In quest’ultimo caso, ad esempio, rimandiamo”.
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Questo comporta un lavoro enorme per tutti gli operatori sanitari e per i medici: “Ci mettiamo al telefono con i pazienti per le famose sette domande che servono a ‘screenarli’– ha spiegato la senologa- ma anche gli infermieri stanno molto al telefono per spostare gli appuntamenti, prendere le cartelle cliniche, inviare le mail che i pazienti chiedono da fuori Comune, ma anche nella stessa città di Roma, per dimostrare di avere un controllo medico in caso di controlli e di compilazione dell’autocertificazione”.
Un problema, questo degli spostamenti fuori Regione “per il quale molti pazienti stanno rinunciando” e che nell’equipe della professoressa sta riguardando anche una dottoressa che viene “dal Molise e che secondo le restrizioni messe dalla Regione non può rientrare se viene a Roma o deve stare in quarantena”. I pazienti oncologici vivono tutto questo “come un’ulteriore difficoltà” ha spiegato Bonifacino, che per questo ha voluto ricordare la “help-line telefonica di psiconcologia attiva dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 13 che risponde al numero 06/33776717 e il servizio ‘una chioma per amica’ che consente alle pazienti in chemio, data la chiusura dei negozi, di poter avere la parrucca”.
Sui dispositivi di sicurezza Bonifacino ha spiegato che “sono stati forniti dall’ospedale da più di un mese. I pazienti ne vengono già muniti da casa, soprattutto negli ultimi 15 giorni, e abbiamo mascherine tracciate per chi avesse dei sintomi e in quel caso viene subito allertata l’unità Covid”.
Anche il ritorno alla normalità, secondo la professoressa Adriana Bonifacino, in merito ad esempio agli screening sul territorio per la prevenzione, “andrà organizzato” e il rischio è di “un calo delle adesioni. Bisognerà capire come organizzare le visite, in merito alla distanza di orario tra l’una e l’altra e la distanza fisica. Sarà necessario- ha concluso- capire le diverse Asl come hanno fatto fronte all’esigenza ed evitare che i pazienti si demotivino dal sottoporsi agli screening”.
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