VIDEO | Coronavirus, Dei (Ausl Toscana): “Medicina del territorio per i sintomatici”

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Intervista al direttore sanitario dell'Ausl Toscana Sud-est Share on facebook Share on twitter Share on whatsapp Share on email Share on print

ROMA – L’epidemia da Coronavirus con la quale l’Italia si sta confrontando da oltre un mese e mezzo ha comportato e comporterà una profonda riorganizzazione sanitaria. Già interi ospedali o reparti hanno dovuto rimodulare la loro offerta concentrando intere strutture, o parti di esse, ai pazienti Covid.

L’ospedale da solo, però, non può fronteggiare questo tsunami: serve anche una forte rete sul territorio per intercettare i sintomatici lievi o paucisintmatici e per contingentare i danni di questo temibile nemico, costituita da medici di base, infermieri e geriatri che controllano anche le Rsa piene di pazienti fragili e anziani, target preferito del Covid-19. A spiegarlo all’agenzia di stampa Dire è Simona Dei, direttore sanitario dell’Ausl Toscana Sud-est.

– Come è cambiata la vostra organizzazione ospedaliera ai tempi del Coronavirus?

“L’Ausl Toscana sud-est si è organizzata seguendo delle linee d’indirizzo regionali. A livello ospedaliero abbiamo concentrato la risposta verso i pazienti Covid concentrandoli nei nostri due grandi ospedali, che hanno cambiato la loro organizzazione interna e hanno previsto una grande area destinata ai pazienti con Coronavirus. Un’area area è deputata all’osservazione breve per pazienti fortemente sospetti o positivi al Covid, un’altra alla degenza dove equipe multiprofessionali di medici di malattie infettive e pneumologi accolgono i pazienti per fornire le prime cure anche quelle di assistenza respiratoria non invasiva. Infine c’è la terapia intensiva per i pazienti che necessità di essere intubati. Questo ha comportato uno spostamento degli altri servizi e una difesa degli 11 presidi dell’azienda all’interno dei quali sono ospitati i pazienti che non sono Covid. Tutti i nostri ospedali hanno un Pronto Soccorso che fa screening ai pazienti così da indirizzarli nell’area a loro riservata. Separare infatti è la nostra parola chiave per organizzare i servizi. Sul piano territoriale altresì abbiamo rafforzato i servizi attraverso equipe medico-infermieristiche attive tutti i giorni dalle 8 alle 20 e che lavorano accanto ai medici di medicina generale. Abbiamo una rete di pneumologi che li supporta nel trattamento di quei pazienti che hanno sintomi lievi respiratori e che insieme ad un team di geriatri stanno facendo dei controlli nelle Rsa per evitare che vi siano casi positivi a cui possa seguire l’invasione in tutta la struttura”.

– Cosa vuol dire per medici e operatori sanitari lavorare ai tempi del Covid-19?

“Lavorare al tempo del Coronavirus ha comportato un vero e proprio cambiamento tridimensionale. Ci siamo confrontati in un mese con un cambiamento epocale che ci portato ad individuare modalità di lavoro completamente diverse ma siamo partiti da un presupposto e cioè che per noi era importante non perdere di vista il paziente con le sue esigenze. La prima su tutte era per ogni paziente non essere contagiati dal Covid. Per noi è importante garantire la sicurezza. Lo abbiamo fatto con i pazienti oncologici trasformando la loro visita di controllo in una visita telefonica con l’oncologo che consente la visione delle analisi del sangue e altri esami diagnostici il confronto dei precedenti non facendo spostare da casa il paziente che magari è sotto terapia e dunque debilitato. Lo stiamo facendo anche nel percorso nascita. Questo ha significato per gli operatori mettersi in discussione e imparare a lavorare supportati dalle tecnologie. Anche noi in questo momento abbiamo ci riuniamo molte volte al giorno ma in teleconferenza. Cerchiamo di muoverci più rapidi del virus cercando di dare risposte importanti. Forse finita l’emergenza nulla sarà come prima, dovremo rivedere l’organizzazione, ma il nostro obiettivo è sempre mettere al centro degli interessi il paziente come professionisti del servizio pubblico”.

– Come Ausl garantite servizi di riabilitazione indifferibili tramite la teleriabilitazione di che cosa si tratta? E quali sono i vantaggi per il paziente?

“La teleriabilitazione è un’idea innovativa ed intelligente ed è legata alla tecnologia a cui tutti noi siamo abituati forse più in ambito quotidiano che sanitario. Le palestre, l’attività del fisioterapista può essere un opportunità ma anche un rischio per il fisioterapista. Abbiamo così cercato di evitare dunque rapporti uno a uno laddove è stato possibile senza creare danni per il percorso clinico e abbiamo cercato di sostituire questi percorsi uno ad uno con altre tecniche come la teleriabilitazione. Per questo nella provincia di Siena, una delle tre della nostra Ausl, è stato introdotta nelle sedi dove era stata già prevista una piattaforma digitale che ha reso possibile un’attività da remoto. Il fisioterapista guida in sede e il paziente esegue a casa sua. Chiaramente il tipo di paziente deve essere collaborante in un percorso riabilitativo tele -guidato ma il vantaggio è che si è in un ambiente protetto. Con questa modalità noi non abbiamo trattato solo patologie traumatiche o ortopediche ma stiamo trattando proprio in questo momento persone con esito di ictus e sclerosi multipla. Quindi tutte patologie per le quali non fare un intervento riabilitativo in fase acuta creerebbe un profondo danno con relativi esiti importanti. Questa procedura ci ha consentito di continuare a seguire questi pazienti, di garantire loro la fine del percorso post-traumatico e post neurologico dal punto di vista riabilitativo in piena sicurezza”.

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