VIDEO | Padre Dall’Oglio, la sorella Francesca: “Da sette anni lotto per la verità”

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padre dall'oglio

Il missionario venne sequestrato a Raqqa, in Siria. "Dalle istituzioni silenzio, ma io non mi fermo" Share on facebook Share on twitter Share on whatsapp Share on email Share on print

ROMA – “A sette anni dal sequestro di mio fratello Paolo, come sorella chiedo verità sulla sua sorte. Che si sappia cosa è successo, impegnando risorse diplomatiche e della magistratura affinché sia fatto il possibile per riportarlo indietro“. Così, all’agenzia Dire, Francesca Dall’Oglio, una delle sorelle di padre Paolo, nel giorno in cui cade il settimo anniversario dal sequestro a Raqqa del missionario.

“Quella di oggi è una data importante e dolorosa- ha continuato Francesca Dall’Oglio- sono passati sette anni nel silenzio più totale. Da parte mia, però, resta forte la voglia di continuare a lottare affinché si trovi la verità”.

Stamani nel corso di una conferenza organizzata dalla Federazione stampa italiana, in collaborazione con Articolo 21 e l’Associazione Giornalisti amici di padre Dall’Oglio, è intervenuto anche il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli: “Lo ritengo un segno importante per sottolineare che Paolo è un cittadino italiano ma è soprattutto un cittadino europeo, e che la sua vicenda coinvolge anche le istituzioni europee, e non solo: ricordando Paolo, vogliamo portare l’attenzione anche sulle migliaia di siriani scomparsi nel buio di questa guerra che si avvicina al decimo anno”.

Sulla scomparsa del missionario romano, fondatore della comunità riunita intorno al monastero di Deir Mar Musa, “in questi anni sono uscite notizie molto diverse”, sottolinea la sorella, che aggiunge: “Guardandole tutte, però, riesco a cogliere un filo continuo, una logica, che mi fa sperare che Paolo sia ancora vivo o che comunque non sia stato ucciso a Raqqa”. Quanto al lavoro della magistratura italiana, però, “posso dire ben poco: non ci sono riscontri né sul fatto che sia vivo né che sia morto” lamenta la sorella.

A Coblenza intanto, in Germania, si è aperto ad aprile un processo contro due ex funzionari dell’intelligence del governo di Damasco, accusati di crimini di guerra a danno di detenuti siriani. “Un fatto importante da parte della comunità europea” commenta la sorella del missionario, che chiama in causa anche il ruolo delle istituzioni siriane sulla vicenda: “In Siria- dice- esiste un database ufficiale e aggiornato che conferma la presenza di Paolo nelle carceri di Assad. Ma su questo purtroppo non esistono altri riscontri”.

La diffusione di notizie su padre Paolo sarebbe importante anche nell’ottica di pacificare un conflitto che non accenna a spegnersi: “Mi illudo forse pensando che se Paolo è vivo e in buona salute- dichiara Francesca Dall’Oglio- potrebbe essere d’aiuto al processo di pace svolgendo un ruolo di mediazione tra le forze in campo”. Questo perché “Paolo ha sempre creduto nel dialogo e nel buon vicinato tra persone e comunità diverse. Anche il laboratorio di Mar Musa era stato pensato per spegnere quelle tensioni che poi hanno contribuito ad alimentare la guerra, così come Paolo aveva previsto” conclude.

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