VIDEO | “Per l’unità serve cultura”: la storia di Cristina di Trivulzio di Belgiojoso

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SPECIALE DONNE DA RICORDARE | Alessandra Necci, scrittrice e storica, tratteggia la personalità di "una donna fuori dal comune" Condividi su facebook Condividi su twitter Condividi su whatsapp Condividi su email Condividi su print

ROMA – E’ tempo di tricolori sui balconi, di riscoperta della Patria e dei suoi valori. Lo Speciale ‘Donne da ricordare’ compie un viaggio nel Risorgimento, quel tempo storico in cui finalmente nasce “quella coscienza nazionale che già chiedevano Dante Alighieri e Petrarca”. Un viaggio alla scoperta delle “grandissime donne di questa epoca, non tutte conosciute, che ne sono state protagoniste, di tutta Italia e di ceti sociali diversi. Il Risorgimento non è stato fatto solo da Garibaldi e Cavour” come ha ricordato Alessandra Necci, scrittrice e storica, che ha scelto di iniziare questo percorso con Cristina di Trivulzio, principessa di Belgiojoso, una “donna fuori dal comune”.

Cristina di Trivulzio “nasce a Milano nel 1808 da famiglia nobiliare”, ha la possibilità di studiare, “è colta, ama la letteratura. Avrà un matrimonio poco felice che si concluderà poco dopo. Cristina- ha ricordato Alessandra Necci- è sempre più convinta della necessità della liberazione dell’Italia dal dominio austriaco” e inizia così il suo profondo impegno politico per il Paese. “E’ coinvolta nei complotti, ma ha l’intelligenza di capire che non bastano le società segrete per l’unificazione, serve la cultura”. Il salotto che lancia a Milano diventa così il punto di riferimento dei maggiori intellettuali del tempo.

“L’occhiuta polizia austriaca le si metterà di traverso e Cristina dovrà fuggire a Genova, per poi iniziare a viaggiare”.
Arriverà a Parigi dove dichiarerà, nonostante la confisca del suo patrimonio, “che non farà ammenda per tornare in Patria perché vuole essere libera“. Anche lì nascerà un altro salotto “straordinario” con i nomi eccellenti del tempo, “da Bellini, a Balzac, a Maroncelli” e molti altri.

E’ talmente fuori dai canoni del tempo che, giornalista ante litteram, inizia a collaborare con il giornale ‘Constitutionnel’ per il quale scriverà degli articoli, firmandosi ‘la Principessa rovinata’.

“Nel 1834 ottiene il dissequestro del patrimonio e- ha voluto ricordare Necci- rimane delusa da quei patrioti che aveva tanto aiutato, come Mazzini, con il quale il rapporto s’incrina perchè Cristina non condivide la strategia dei moti“.

Torna in Italia nel 1840 e anche qui “l’attendono delusioni, per il semplice fatto di essere una donna sola e libera, con una figlia nata fuori dal matrimonio. Alessandro Manzoni, con il quale era amica, non volle riceverla perchè destava scandalo”.

Nonostante queste difficoltà Cristina di Trivulzio “non si da per vinta, fonda una scuola, un nuovo giornale, aiuta i poveri, crea scuole per i bambini e per le donne. Tutto quello che chiameremmo oggi terzo settore e volontariato” è ciò che la impegna senza alcuna attenzione “al tornaconto”. Ha un bel ruolo nelle “cinque giornate di Milano, va a Roma nei giorni della Repubblica romana e si porta dietro una squadra di volontarie, si occupa dei feriti, è di fatto un’infermiera”.

Non avrà remore e “partirà per l’Asia minore con la figlia”. Una volta compiuta l’unità d’Italia decide di ritirarsi “in una delle sue case. Muore nel 1871 e ai suoi funerali non andrà nessuno dei personaggi che tanto aveva aiutato“.

Il testamento che ha lasciato, nero su bianco, è in un appello rivolto a quante verranno dopo di lei: “Vogliano le donne onorate del futuro rivolgere il loro pensiero ai dolori e alle umiliazioni delle donne che le hanno precedute nella vita”. Quelle che, come accadde a lei nel finale della sua esistenza, spesso vengono dimenticate.

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