VIDEO | Roma ricorda il rastrellamento nazista del Quadraro. “Fu l’atto costitutivo di un territorio”

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Il nido di vespe: cosi' Kappler, noto boia delle Fosse Ardeatine, definiva il quartiere del Quadraro durante l'occupazione tedesca di Roma. Lo ricorda il giornalista ed ex presidente del Municipio X (ora VII) di Roma, Sandro Medici Share on facebook Share on twitter Share on whatsapp Share on email Share on print

ROMA – “È l’atto costitutivo di un territorio“. Cosi’ il giornalista, ex presidente del Municipio VII Tuscolano di Roma, Sandro Medici, definisce il rastrellamento del Quadraro. Era il 17 aprile del 1944. Nome in codice ‘operazione Balena’, volta a stroncare le forze partigiane che operavano nella periferia di Roma. Il comandante tedesco, Herbert Kappler diede l’ordine di rastrellare il quartiere Quadraro, arrestare e deportare circa mille uomini nei campi di concentramento in Germania e Polonia. Alla fine del conflitto solo circa la meta’ di questi sopravvisse e fece ritorno alle proprie case.

“Bisogna tener conto che che negli anni 40, la citta’ finiva esattamente li’, cioe’ nell’incrocio degli acquedotti, dove c’era il dirupo del Mandrione. Dopo questo- spiega Medici- fisicamente la citta’ era finita, tranne questo agglomerato disordinato, confuso, approssimato che erano appunto i primi caseggiati del Quadraro. Quel territorio in quegli anni li’ era il rifugio, il centro di accoglienza di tutti quelli che avevano difficolta’ non solo nel vivere, ma anche difficolta’ spesso nel rappresentarsi: rifugiati, gente che aveva qualche problema con la giustizia, poveri cristi, insomma era l’ultimo lembo della citta’ dove ci si andava in qualche maniera a rifugiare per non avere particolari problemi. Per questo diciamo che aver valorizzato questo episodio molto tragico, e’ come una data di nascita di un territorio”.

C’ERA UNA RESISTENZA ROCCIOSA

“Era una Resistenza particolarmente rocciosa, fatta da personaggi di peso, da gente che sapeva sparare e menare le mani ed era molto temuta dai tedeschi, per cui questo rastrellamento che in realta’ e’ servito in gran parte per approvvigionare le fabbriche tedesche, polacche e della Repubblica Ceca che facevano le armi, in realta’ serviva anche per stroncare o per tentare di contrastare queste bande partigiane”.

“Il nido di vespe: cosi’ Kappler, noto boia delle Fosse Ardeatine, definiva il quartiere del Quadraro durante l’occupazione tedesca di Roma. Rimase celebre questa sua frase – prosegue Medici- che nella notte del 17 aprile del ’44, urlo’ per spronare i suoi soldati: ‘andiamo a calpestare, a schiacciare quel nido di vespe’, perche’ tra il Quadraro e Centocelle, c’erano le bande partigiane combattenti. I Gap (Gruppi di Azione Patriottica, ndr) agivano invece grossomodo nel centro storico o nell’area ottocentesca di Roma, ovvero piazza Vittorio e Prati. Le unita’ di campagna invece, come venivano definite – tra le quali c’era ‘Bandiera rossa’, un’organizzazione che poi venne emarginata dopo la Liberazione – erano composte dai partigiani combattenti, cioe’ quelli che facevano gli scontri a fuoco, che mettevano la dinamite sui binari o i famosi chiodi a tre punte per fermare i convogli di approvvigionamento delle truppe tedesche”.

MEDAGLIA VALOR CIVILE ATTO DOVUTO

“Fu quasi un atto dovuto riconoscere a questo territorio la nobilta’ di aver contribuito a ricostruire una Roma nuova, diversa e liberata. E di avere fatto parte di un movimento resistenziale, una sorta di ‘primavera della resistenza’ nel aprile del 1944. Ci venne spontaneo chiedere un riconoscimento alla Presidenza della Repubblica – in quel periodo il presidente era Carlo Azeglio Ciampi, un uomo che per quanto nel corso della sua vita poi abbia fatto cose non sempre condivisibili, ma che veniva comunque da quella storia, dal partito d’azione, dalla resistenza – e con grande piacere riuscimmo a ottenere la medaglia d’oro al valor civile. Quando arrivo’, provoco’ una commozione molto diffusa perche’ sentirsi finalmente riconosciuti per il valore, per la qualita’ di un territorio e per la sua storia fu un fatto veramente straordinario”.

I NUMERI NON SONO QUELLI DI RAGGI

“Bisogna tener conto che i rastrellati furono circa 1.000, e sicuramente non i 2.000 di cui oggi parla questa improbabile sindaca che dobbiamo continuare a subire ancora. Questo significa che ogni famiglia del Quadraro ha avuto un rastrellato ed e’ stata coinvolta in questa memoria molto dolorosa. Molti non tornarono. I sopravvissuti alla fine non furono tantissimi e ormai ce ne sono pochi ancora in vita. Tutti ricordiamo Sisto Quaranta che e’ stato l’animatore di questa memoria, un uomo di grandissima qualita’ che andava in giro nelle scuole a raccontare. Il rastrellamento era un elemento molto presente dentro la vita quotidiana del Quadraro, c’era perfino un certo pudore nel volerlo ricordare e personalmente ho avuto anche difficolta’ quando ho cercato di riesumare questi ricordi. E evidente che per molti e’ stato uno dei momenti piu’ dolorosi della vita, tuttavia a partire da questa ricorrenza alla fine siamo riusciti a trasformarla in una sorta di festa popolare, per cui ogni anni intorno al 17 aprile si facevano concerti spettacoli e manifestazioni iniziative di vario genere”.

CAPITOLO A LUNGO DIMENTICATO

“Questo capitolo era stato completamente dimenticato. Non esisteva. Io ricordo che all’inizio degli anni 2000, quando cominciai a svolgere la funzione di amministratore locale, tutto questo non esisteva. In occasione del 17 aprile c’era una semplice deposizione di una corona, un rito stanco e inutile in via dei Quintili dove c’e’ un piccolo ceppo, qualcosa di assolutamente trascurabile che nessuno capiva. Lo sforzo che facemmo durante la mia amministrazione fu esattamente quello di ritrovare questa memoria e cercare di dargli anche il valore, non solo politico, culturale e storico, ma anche umano”.

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