VIDEO | Scuola, addetti pulizie e mense in piazza Bologna: “Senza stipendio da mesi, chiediamo certezze”

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Gli ammortizzatori sociali sono arrivati in ritardo e non c'è nessuna certezza per la ripartenza a settembre: a Bologna la protesta degli addetti alle pulizie e alle mense delle scuole Share on facebook Share on twitter Share on whatsapp Share on email Share on print

BOLOGNA – Personale in appalto addetto alle pulizie e alle mense delle scuole “da mesi senza reddito” e senza certezze sul futuro. È il grido d’allarme che hanno lanciato oggi in tutta Italia e anche sotto la sede del Comune di Bologna in piazza Liber Paradisus, con il presidio “Non c’è tempo da perdere. Servono certezze oggi, per il lavoro e per il futuro”, promosso da Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs-Uil per sensibilizzare sulla situazione critica legata ai ritardi nell’erogazione degli ammortizzatori sociali e chiedere continuità occupazionale e di reddito per i prossimi mesi. Erano circa un centinaio e hanno protestato a distanza di sicurezza, con tanto di corda per prendere le misure l’uno dall’altro.

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“Sono lavoratori che durante l’epidemia hanno fatto il loro lavoro fino in fondo, non si sono mai tirati indietro e hanno corso grandi rischi anche loro, come tutti quelli della sanità- ricorda Maurizio Lunghi, segretario della Cgil di Bologna- che giustamente richiamano l’attenzione sulle loro condizioni di lavoro, qui sotto il Comune in piazza Liber Paradisus, che tra l’altro richiama storicamente anche quella che a Bologna fu l’uscita dalla schiavitù all’epoca”.

Questa tipologia di lavoratori, fin dall’inizio dell’emergenza coronavirus, sta pagando a carissimo prezzo la chiusura delle scuole imposta dal Governo per limitare l’epidemia. Si tratta di persone “senza reddito da oltre tre mesi, precisamente dal 24 febbraio non solo a causa dell’indisponibilità di numerose imprese a dare l’anticipo dell’assegno ordinario, ma anche per il grave ritardo nella liquidazione dell’indennità da parte dell’Inps”. Insomma, che “hanno finito completamente gli ammortizzatori sociali e non sanno neanche cosa succederà a settembre- spiega Pina Cupaiolo, della Fisascat-Cisl- parliamo di un migliaio di persone tra mense e pulizie” che lavorano nel territorio di Bologna.

La cassa integrazione durante l’emergenza Covid ha colpito duro. “Noi abbiamo in questa regione al 4 giugno un milione di lavoratori che sono stati in cassa integrazione, e di questo milione di lavoratori il 30-35% non ha ancora ricevuto un minimo di reddito- spiega Giuliano Zignani, segretario Uil Bologna ed Emilia-Romagna- dal 23 di febbraio abbiamo intere famiglie che sono ancora senza un minimo di stipendio, quindi una situazione di forte difficoltà che sicuramente in autunno creerà grossi problemi economici non solo in questa regione ma nell’intero paese”. Queste persone infatti a giugno “vedranno sospesi i loro contratti di lavoro a giugno, con la fine dell’anno scolastico, per riprendere all’inizio del prossimo”. Una consuetudine che poteva anche permettere di rimediare con altri impieghi stagionali o temporanei, cosa impossibile in questo momento “a causa della crisi di mercato”.

A questo si aggiunge l’incertezza che aleggia ancora attorno alla riapertura delle scuole a settembre, che rischia di peggiorare ulteriormente la situazione. Per cui “queste persone rischiano di rimanere senza soldi per altri tre-quattro mesi- denuncia Vincenzo Mauriello, Filcams-Cgil di Bologna- se la scuola inizia a fine settembre queste persone il primo stipendio vero lo vedranno forse il 10 novembre”, oltre ad avere notoriamente “stipendi bassi” per una situazione contrattuale ferma da anni. Tradotto: “Da febbraio a novembre rischiano di avere pochissimi soldi se non zero“. E il Comune “sappiamo che è sensibile a queste richieste dei lavoratori e quindi contiamo sul fatto che, insieme alla Regione, faccia la giusta pressione sul Governo e le controparti perché si possa arrivare a una soluzione contrattuale la più rapida possibile”, auspica Lunghi. E Zignani: “Sindaci e presidente della Regione dovrebbero mettersi a un tavolo per vedere come risolvere questo problema”.

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